ACCESSO AGLI ATTI E PRIVACY - Accesso al protocollo dell’Ente

Legittimo l’accesso al protocollo dell’Ente da parte dei consiglieri comunali.

Approfondimento di S. Biancardi

Nel caso esaminato, un consigliere comunale aveva impugnato il provvedimento comunale con il quale non era stata accolta la sua richiesta di rilascio delle credenziali per accesso da remoto al protocollo informatico e al sistema informatico contabile dell’Ente.
Dal canto suo, l’Ente aveva giustificato il proprio rigetto evidenziando che l’applicativo riferito al protocollo non era ancora funzionante al 100% e pertanto vulnerabile ad eventuali azioni di hackeraggio.
Il ricorrente aveva censurato il provvedimento di rigetto evidenziando che sarebbe risultato illegittimo in quanto contrastante con l’art. 43 del d.lgs. n. 267/2000 (Testo Unico Enti Locali), che riconosce ai consiglieri comunali e provinciali il “diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del loro mandato”.
Tale diritto dovrebbe essere esercitabile anche con modalità elettroniche, stante quanto disposto dall’art. 2 del d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione digitale), secondo cui “le autonomie locali assicurano la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale e si organizzano ed agiscono a tal fine utilizzando con le modalità più appropriate e nel modo più adeguato al soddisfacimento degli interessi degli utenti le tecnologie dell’informazione e della comunicazione“.
In tal senso non sarebbe apprezzabile la giustificazione addotta dal Comune a fondamento del mancato accoglimento della richiesta di accesso da remoto. D’altra parte, la ritenuta esistenza di problemi nell’applicativo sembrerebbe contraddetta dalla circostanza che il medesimo Comune aveva acconsentito ad analoga richiesta proveniente da altro consigliere comunale.
Il Comune, costituendosi in giudizio, aveva affermato che l’Amministrazione si sarebbe limitata a rinviare l’accesso, ma non a negarlo. Inoltre, la richiesta modalità di accesso non sarebbe stata ammissibile in quanto avrebbe reso possibile un accesso generalizzato all’attività amministrativa, svincolato dall’esercizio del mandato elettorale.
I giudici hanno rammentato che il diritto di accesso dei consiglieri comunali ex art. 43 cit. del TUEL, cui era funzionalmente connessa la richiesta del ricorrente, va oggi necessariamente correlato al progressivo e radicale processo di digitalizzazione dell’organizzazione e dell’attività amministrativa, risultante dal Codice dell’Amministrazione digitale. Tale disciplina, per quanto di rilievo, impone allo Stato, alle regioni e alle autonomie locali di assicurare “la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale”, “utilizzando con le modalità più appropriate le tecnologie dell’informazione e della comunicazione” (si veda l’art. 2, co. 1 del predetto Codice dell’Amministrazione digitale), precisando che “i dati delle pubbliche amministrazioni sono formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che ne consentano la fruizione e riutilizzazione, alle condizioni fissate dall’ordinamento, da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dei privati” (si veda l’art. 50, co. 1 del predetto Codice).

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