Dura lex sed lex: vale ancora?

Dura lex sed lex: vale ancora?

Alcuni, anche recenti, episodi portano a considerare come vi siano mutamenti normativi che non sempre sono apprezzati, ma che divengono oggetto di “aggiramento” con tecniche e modi anche diversi. A titolo di mero esempio, si consideri come per effetto dell’art. 9, 4 d.l. 24.4.2014, n.66, convert. in l. 23.6.2014 n.89, sia stata esclusa la possibilità di rilascio , da parte dell’AVCP (ora confluita nell’ANAC), del CIG ai comuni non capoluogo di provincia, questione che ha portato a che, in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, tenutasi il 10.7.2014, ad intesa (tra il governo e le autonomie locali), sia emersa la necessità di un percorso di preparazione e coinvolgimento di vari soggetti per l’applicazione della norma ed è stata manifestata l’esigenza di un posticipo nell’entrata in vigore del nuovo regime, al fine di consentire agli enti locali di avviare il percorso di attuazione del nuovo modello operativo, oppure (altro esempio), l’art. 8-bis, 1, lett. a) d.l. 31.8.2013, n. 101, convertito in l. 30.10.2013, n. 125, avesse abrogato l’art. 6-bis, 2 d.lgs. 6.9.1989, n. 322 (aggiunto dall’art. 11, d.lgs. 30.7.1999, n. 281), per cui l’ISTAT ha richiesto una modifica al “Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali per scopi statistici e di ricerca scientifica effettuati nell’ambito del Sistema statistico nazionale”, costituente l’Allegato A3 al d.lgs. 30.6.2003, n. 196 e s.m.i., richiesta accolta dall’Autorità garante per la protezione dei dati personali con delibera n. 296 del 12.6.2014, con cui viene introdotto, nell’anzidetto “Codice di deontologia …”, una norma che, sostanzialmente, reitera quella abrogata. In entrambi gli esempi, il “legislatore” ha operato delle scelte (sul cui merito non si entra), che sono risultate “non condivise”, al punto da fare ricorso a fonti di altra natura, in alcuni casi perfino sprovviste di qualsiasi natura normativa, trattandosi di atti amministrativi, il ché pone sia la questione delle gerarchie nelle fonti del diritto, ma anche della “qualità” delle norme, tendenzialmente sempre meno brillante. Sotto il primo profilo, per altro, non si può non aderire all’impostazione del Presidente di ANAC, che, di fronte ad un palese “aggiramento” delle norme positive, ha dovuto ribadire che non può che attenersi se non alle fonti normative. Infatti, un sistema ordinato non può prescindere da un rispetto anche delle fonti del diritto e della loro gerarchia, aspetti che non costituiscono resistenze alle innovazioni.

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