Pubblica trasparenza e diffusione delle informazioni da parte delle p.a.

Pubblica trasparenza e diffusione delle informazioni da parte delle p.a.

L’Autorità garante per la protezione dei dati personali, con provvedimento n. 243 del 15.5.2014 ha emanato le “Linee guida” in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati, innovando le precedenti del 2.3.2011, a seguito delle modifiche normative intervenute in proposito, tra cui il d.lgs. 14.3.2013, n. 33. Interessante, ad esempio, la considerazione per la quale: “In proposito, si evidenzia che la prassi seguita da alcune amministrazioni di sostituire il nome e cognome dell’interessato con le sole iniziali è di per sé insufficiente ad anonimizzare i dati personali contenuti negli atti e documenti pubblicati online. Inoltre, il rischio di identificare l’interessato è tanto più probabile quando, fra l’altro, accanto alle iniziali del nome e cognome permangono ulteriori informazioni di contesto che rendono comunque identificabile l’interessato (si pensi, ad esempio, alle informazioni relative alla residenza oppure quando si possiede un doppio nome e/o un doppio cognome)”, questione su cui è previsto un “suggerimento”. Per altro, il Provvedimento opera frequnti rinvii ai principi di pertinenza (e non solo di completezza), di non eccedenza e di necessarietà, principi che spesso non vengono tenuti presenti nei loro aspetti sostanziali. Nella Parte 2^ del Provvedimento si considerano le pubblicazioni di dati personali che avvengano per motivi differenti alla “trasparenza”, con rinvio ad obblighi normativi, per i quali si precisa: “Pertanto, anche in presenza di un obbligo di pubblicità è consentita la diffusione dei soli dati personali la cui inclusione in atti e documenti sia realmente necessaria e proporzionata al raggiungimento delle finalità perseguite dall’atto (c.d. “principio di pertinenza e non eccedenza” di cui all’art. 11, comma 1, lett. d, del Codice). Il procedimento di selezione dei dati personali suscettibili di essere resi diffusi deve essere, inoltre, particolarmente accurato nei casi in cui tali informazioni sono idonee a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni o organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, la vita sessuale (“dati sensibili”), oppure nel caso di dati idonei a rivelare provvedimenti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) a o) e da r) a u), del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, nonché la qualità di imputato o di indagato (“dati giudiziari”) (art. 4, comma 1, lett. d ed e, del Codice)”. Viene alla mente l’istituto “storico” (in quanto presente nell’ordinamento giuridico fin dall’Unità d’Italia e vigenza del suo primo Codice civile) delle pubblicazioni di matrimonio (art. 54 d.P.R. 3/11/2000, n. 396 e s.m.), in cui i dati personali sono, non solo pertinenti, ma necessari, mentre indicazioni sul “rito” previsto per la celebrazione potrebbero considerarsi dati sensibili, ma rilevano sotto il profilo del “titolo finale” previsto per la celebrazione del matrimonio, “titolo finale” (certificato, nulla-osta, autorizzazione, a seconda di quale sia il “rito”), del suo contenuto e non solo per questi aspetti.

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