Riorganizzazione  dei servizi, in forma associata, non è ammesso impugnare gli atti di un solo comune

Riorganizzazione  dei servizi, in forma associata, non è ammesso impugnare gli atti di un solo comune

È inammissibile il ricorso contro gli atti con i quali il comune ha operato una profonda riorganizzazione mediante la stipula di una convenzione con un comune limitrofo per la gestione associata di alcuni servizi, operazione al cui esito era stato soppresso il posto di segretario comunale occupato dal ricorrente (misura giustificata col rilievo che questi aveva minore qualifica ed anzianità rispetto al segretario comunale del comune limitrofo), con la conseguente messa in disponibilità del funzionario: lo ha  precisato il Coinsiglio di Stato,  sez.  V, n. 1657 dell’8.4.2014. Va infatti rilevato che le deliberazioni assunte da un solo comune non erano, di per se stesse, produttive dell’effetto giuridico del mutamento di organizzazione che il ricorrente si proponeva di contestare. La riorganizzazione di cui si tratta era, difatti, un effetto ottenibile solo dalla convergenza su uno stesso modello delle determinazioni di entrambi i comuni interessati, scaturendo unicamente dal loro concorso e dalla correlativa combinazione delle rispettive volontà. Il solo ricorso contro gli atti del comune presso il quale il ricorrente prestava servizio non era, quindi, idoneo a sottoporre a sindacato giurisdizionale la legittimità della costituzione della gestione associata, per sua natura frutto della volontà comune dei due Enti, poiché i provvedimenti aggrediti in giudizio integravano solo una frazione della più complessa fattispecie espressiva della scelta organizzativa in discussione. L’onere di impugnare l’insieme delle delibere delle due amministrazioni è confermato dalla circostanza che le censure di parte investivano direttamente proprio il progetto di riorganizzazione dei servizi dei due comuni imperniato sulla loro gestione associata, investendo di petto la relativa opzione organizzativa (con doglianze anche in ordine ad una -supposta- violazione dello statuto del comune limitrofo da parte dei suoi organi). Da qui la necessità che il relativo atto di macro-organizzazione, censurabile dinanzi al giudice amministrativo secondo le regole generali, venisse ritualmente impugnato nella sua interezza. Inoltre, la sentenza ha riprecisato come rientri nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia sul provvedimento di collocamento in disponibilità del segretario comunale, costituendo questo un atto di mera gestione di un rapporto lavorativo nell’ambito del pubblico impiego privatizzato.  Su questo ultimo  risvolto non si può non considerare  quanto ancora non siano  stati del tutto  “metabolizzati” gli effetti    del mutamento- sostanziale – nel rapporto di lavoro   introdotta con il d.lgs.  3.2.1993, n. 29 (oggi, d.lgs. 30.3.2001, n. 165 e s.m.i.), avvenuto in attuazione della  delega di cui all’art. 2, l. 23.10.1992, n. 421; in altre parole,  vi sono molti “ambienti” in cui permane la percezione di un rapporto di lavoro “pubblico” e non “alle dipendenze della p.a.”.

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