CITTADINI STRANIERI - La Svizzera mette il tetto agli ingressi di lavoratori dell’Unione europea

Con una maggioranza di appena il 50,5 per cento dei voti, gli elettori svizzeri hanno approvato l’iniziativa contro l’immigrazione ‘di massa’ nel paese, su cui erano chiamati a pronunciarsi. I ‘No’ al  referendum sul tetto all’immigrazione si sono fermati al 49,5%.

La maggior parte dei sì è stata raccolta nei cantoni in cui si parla italiano e tedesco e nelle zone rurali. Due anni fa la Svizzera aveva introdotto delle quote per gli immigrati provenienti da otto Paesi dell’Europa centrale e orientale, decisione che era stata fortemente criticata dall’Ue. Il nuovo piano va oltre, estendendo queste quote anche agli immigrati provenienti dall’Europa occidentale.

Vincitore della consultazione è il partito di destra dell’Udc/Svp, guidato da Toni Brunner, che ha fatto campagna sventolando l’immagine di una Svizzera costretta a fare i conti con le conseguenze “nefaste” di un’immigrazione fuori controllo: dalla disoccupazione in aumento, ai treni sovraffollati, all’aumento degli affitti. Proclami che nelle urne, seppure per una manciata di voti, hanno sconfitto il governo, il parlamento, le organizzazioni economiche, i sindacati e la stragrande maggioranza dei partiti, tutti uniti nell’avvertire sui rischi per l’economia e per le relazioni con l’Ue.

Il risultato del referendum, che è vincolante, implica ora che il governo dovrà rinegoziare i trattati con l’Ue relativi alla libertà di movimento dei lavoratori e di conseguenza sottoporre al parlamento una proposta di attuazione. Poichè le nuove disposizioni costituzionali sono in contrasto con l’Accordo sulla libera circolazione delle persone in vigore con l’Ue dal 2002, l’esecutivo avvierà nuovi negoziati con Bruxelles.

La Svizzera infatti non è membro dell’Unione europea, ma ha firmato diversi accordi di cooperazione bilaterale con Bruxelles, compreso uno che garantisce ai cittadini dell’Ue di vivere e lavorare in Svizzera, e ai cittadini svizzeri di fare lo stesso nei Paesi europei.

Dalle urne è uscito comunque un paese spaccato in due, con i cantoni romandi francofoni più filoeuropei e le grandi città nel campo dei perdenti, mentre i cantoni di lingua tedesca e il Ticino – a grandissima maggioranza – hanno votato a favore dell’iniziativa. Il cantone italofono, confrontato a un flusso di circa 60mila frontalieri dalla vicina Penisola, ha registrato la più alta percentuale di Sì, saliti a quota 68,17 %. Quasi un plebiscito.

Per il governo, il responso delle urne “riflette il malessere per la crescita demografica degli ultimi anni”. Anche a causa della crisi, il numero di immigrati attirati dal benessere economico della Svizzera ha superato le previsioni con un saldo migratorio di circa 77mila persone l’anno, il 70% dei quali provenienti dalla Ue.

L’Unione europea ha commentato l’esito del voto con una nota secca in cui esprime “rammarico” per il fatto che “un’iniziativa per l’introduzione di limiti quantitativi all’immigrazione sia stata approvata”. “Questo – si legge nella nota – va contro il principio della libera circolazione delle persone tra l’Ue e la Svizzera. La commissione europea esaminerà le implicazioni del referendum sul complesso delle relazioni con la Svizzera”. Le preoccupazione non detta, però, è che il voto elvetico si inserisce in una corrente di nazionalismo che, alimentata dalla crisi, attraversa tutta l’Europa e l’Unione e in alcuni paesi è diventata il cavallo di battaglia di movimenti dell’ultradestra e xenofobi.

Critico anche il commento di Martin Schulz, presidente del Parlamento europeo: “I trattati devono essere rispettati – scrive Schulz su Twitter – . La Svizzera trae vantaggi dal mercato internazionale, la libertà di movimento è cruciale. Le reazioni nazionali devono essere pacate”.

 

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