Elezioni comunali e calcolo della maggioranza nel caso di elezioni, al 2° turno, del sindaco nei comuni maggiori. Ulteriori interpretazioni giurisprudenziali

Elezioni comunali e calcolo della maggioranza nel caso di elezioni, al 2° turno, del sindaco nei comuni maggiori. Ulteriori interpretazioni giurisprudenziali

La presenza di diversi indirizzi interpretativi, anche all’interno della stessa Sezione del Consiglio di Stato, serva – almeno – a ottenere la compensazione delle spese giudiziali! Sono sempre più numerose le pronunce, tanto da parte del T.A.R. che da parte del Consiglio si Stato, in cui si argomentano 2 testi tra loro contraddittorie (e, per quanto riguardi i T.A.R., questi spesso hanno aderito ora all’una, ora all’altra delle interpretazioni date dal Consiglio di Stato, sempre la medesima Sezione (la 5^)), sulla problematica della determinazione della maggioranza consiliare, nei comuni oltre 15.000 abitanti, quando vi sia l’elezione del sindaco al 2° turno, cioè attorno alle disposizioni dell’art. 73, 10 T.U.E.L. .
L’ultima, in ordine dio tempo, è quella del Consiglio di Stato, Sez. 5^, sent. n. 2618 del 14/05/2013, secondo la quale l’’assegnazione dei seggi alla coalizione vincente in virtù del premio di maggioranza previsto dall’art. 73, 10, T.U.E.L. deve avvenire arrotondando il quoziente frazionario per eccesso, all’unità superiore, in modo che alla coalizione di liste vincenti siano attribuiti seggi in consiglio nella misura minima del 60% di quelli disponibili. Nella sent. n. 810 del 12/2/ 2013, si è osservato che questa soluzione: – da un lato trova conforto nella formulazione letterale della disposizione, in cui si prevede che qualora la coalizione non abbia conseguito “almeno” il 60% dei seggi, questa percentuale le deve essere comunque attribuita; – dall’altro lato questa soluzione si palesa coerente con la ratio cui il premio di maggioranza è informato e cioè quello di garantire la governabilità dell’ente. In questa sede si ritiene di dare continuità a quest’ultimo indirizzo, essendo condivisibili entrambe le argomentazioni, ora esposte, su cui esso riposa.
E’ infatti indubitabile (anche con tutte le interpretazioni contraddittorie nella stessa Sezione?) che il 60% dei seggi costituisca la soglia minima che il legislatore ha individuato al fine di assicurare una maggioranza consiliare quanto più stabile al raggruppamento di liste presentatosi in appoggio al sindaco vincente.
Il comma 10 in commento infatti prevede che questa sia la percentuale di seggi comunque da assegnare allorché tale coalizione “non abbia già conseguito […] almeno il 60 per cento dei seggi”, ai sensi del comma 8 della medesima disposizione, e cioè con il sistema dei quozienti ottenuti sulla base della cifra elettorale riportata da ciascuna lista. In altri termini, la mancanza di rappresentatività della coalizione presentatasi in appoggio al candidato alla carica di sindaco risultato eletto viene comunque surrogata dall’appoggio assicurato a quest’ultimo, in un sistema elettorale-rappresentativo caratterizzato dall’investitura popolare dell’organo di vertice dell’ente locale. Non ha dunque pregio valorizzare la differente formulazione della norma, che dapprima impiega l’avverbio “almeno” per indicare il numero dei seggi attribuibili per effetto dei voti conseguiti e quindi impone, in caso di mancato raggiungimento della soglia minima, che venga nondimeno attribuito al raggruppamento vincente “il 60 per cento dei seggi”, desumendo da ciò che quest’ultima rappresenti dunque la soglia massima attribuibile alla coalizione maggioritaria. Questa esegesi appare intrinsecamente contraddittoria e perviene a sminuire il dato letterale complessivo dell’art. 73, che invece impernia sul 60% la quota di seggi da assegnare alla coalizione maggioritaria, chiaramente manifestando l’intendimento di concepirlo come soglia minima.

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