Obbligo di conclusione (del procedimento amministrativo) e danno da ritardo

Obbligo di conclusione (del procedimento amministrativo) e danno da ritardo

Nella sentenza, il Tar richiama “alcuni fondamentali principi in tema di risarcimento del danno derivante da lesione di interessi legittimi ed in particolare di risarcimento del danno da ritardo nell’attività amministrativa”

Il Collegio ricorda che:

-la “violazione dell’obbligo di concludere con un provvedimento espresso il procedimento amministrativo avviato ad istanza di parte, (dunque di una posizione di interesse legittimo pretensivo), trova espressa tutela, anche risarcitoria” nell’articolo 2 –bis della legge 241/1990”;

-“la giurisprudenza prevalente riconosce oramai al ritardo amministrativo una autonoma risarcibilità, a prescindere dalla fondatezza della pretesa sottostante all’istanza formulata all’amministrazione (fatta eccezione per quelle palesemente infondate o meramente pretestuose). Il tempo è considerato un bene della vita per il cittadino e da esso deriva il suo diritto ad ottenere una risposta alla sua istanza in tempi certi e definiti”;

-“la giurisprudenza ha riconosciuto che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica. In questa prospettiva, ogni incertezza sui tempi di realizzazione di un investimento si traduce nell’aumento del c.d. rischio amministrativo e, quindi, spetta il risarcimento del danno da ritardo a condizione, ovviamente, che tale danno sussista e venga provato e sia escluso che vi sia stato il concorso del fatto colposo del creditore ex art. 1227 c.c. (Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd., n. 684 del 24 ottobre 2011)”;

-“la circostanza per cui l’ordinamento dà rilevanza diretta al tempo, a prescindere dalla fondatezza dell’istanza del privato, non significa che l’inutile decorso del tempo viene risarcito sempre e comunque, … per il suo solo trascorrere. L’articolo 2 –bis della legge 241/1990, con l’utilizzo di locuzioni quali “ danno ingiusto” e inosservanza “dolosa o colposa” del termine, che richiamano l’articolo 2043 c.c., richiede, infatti, che il danno da ritardo risarcibile vada comunque ricondotto agli elementi costitutivi di cui alla disciplina dell’illecito civile”;

-“il ritardo risarcibile, quindi, deve innanzitutto produrre un danno considerato ingiusto … Il danno non iure, deve, poi, conseguire all’inosservanza dolosa o colposa dei termini a provvedere. Per aversi risarcibilità del ritardo amministrativo, quindi, è necessario, secondo quanto disposto dal Legislatore che si verifichino i due aspetti del danno ingiusto e cioè il danno evento e il danno conseguenza: la lesione illegittima della sfera giuridica e le conseguenze pregiudizievoli che dalla lesione possono derivare”;

-“la lesione dell’interesse legittimo teso ad ottenere che il procedimento si concluda nel termine di legge o ad ottenere un provvedimento espresso è condizione necessaria ma non sufficiente per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c. perché occorre che “risulti leso, per effetto dell’attività illegittima (e colpevole) della pubblica amministrazione l’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si correla e che detto interesse risulti meritevole di tutela alla luce dell’ordinamento positivo” ( cfr Corte di Cassazione, SS.UU., n. 500/1999)”;

-“il risarcimento del danno da ritardo … presuppone, al pari di ogni pregiudizio di cui si rivendichi il ristoro in sede aquiliana, che la lesione del bene della vita “tempo”, integrante danno-evento, sia seguita dalla produzione di conseguenze pregiudizievoli nella sfera patrimoniale e non, ossia il c.d. danno conseguenza, di cui compete al soggetto che agisce in giudizio fornire adeguata dimostrazione sul duplice versante dell’ an e del quantum. Il danno risarcibile, in una prospettiva ermeneutica fedele alle coordinate della Cassazione che escludono la funzione sanzionatoria del sistema della responsabilità aquiliana e che richiedono la dimostrazione di un pregiudizio conseguito, ex art. 1223 c.c., alla lesione dell’interesse giuridicamente tutelato, non è il tempo perso in sé ma la conseguenza dannosa che la lesione del bene tempo abbia sortito nella sfera del danneggiato”;

-“nel rapporto “procedimentale” con la P.A. i beni della vita da tutelare sono quindi due: da una parte l’interesse ad ottenere una delibazione tempestiva della propria istanza e dall’altra quello che si intende conseguire con il favorevole provvedimento richiesto. In caso di inerzia tenuta dall’amministrazione rispetto all’istanza del cittadino, questi può adire il giudice amministrativo sia per chiedere che venga condannata l’amministrazione a pronunciarsi ricorrendo al rito sul silenzio sia per chiedere direttamente il risarcimento del danno che assume gli sia derivato dall’inerzia stessa”;

-“nel caso in cui manca una pronuncia dell’amministrazione, seppure tardiva, positiva o negativa, per il giudice amministrativo che deve decidere sulla domanda risarcitoria, si pone preliminarmente il problema di andare a valutare la spettanza o meno del bene della vita e, conseguentemente, quello dell’entità del danno lamentato”;

-“il giudizio prognostico sulla spettanza del bene della vita diventa operazione sempre più complessa e delicata a seconda che si tratti di attività amministrativa vincolata ovvero discrezionale. Mentre nel primo caso per il giudice amministrativo è più agevole sindacare dall’esterno la possibilità di ottenere un provvedimento favorevole e quindi valutare l’effettività del danno lamentato, in caso di attività discrezionale detto sindacato necessita di una maggiore cautela per evitare una ingerenza del giudice nel campo del merito amministrativo. In quest’ultimo caso il risarcimento del danno deve, infatti, essere parametrato alla chance di ottenere il provvedimento favorevole e quindi il giudice andrà a valutare gli elementi che in base ad una semplice ed evidente presunzione, con una mera operazione probabilistica, avrebbero condotto all’assunzione di un provvedimento favorevole se l’Amministrazione avesse rispettato il termine o se si fosse, comunque, determinata, evitando, quindi, di sconfinare in considerazioni di opportunità”.

Il testo della sentenza Tar Calabria, Catanzaro, 14 maggio 2012, n. 450

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