Spese legali connesse a procedimento penale: se si tratti di compiti d’ufficio spetta il rimborso

Spese legali connesse a procedimento penale: se si tratti di compiti d’ufficio spetta il rimborso

Quando vi sia procedimento penale, per fatti connessi allo svolgimento dei compiti d’ufficio, poi risoltosi positivamente, sussiste il titolo ad ottenere il rimborso delle spese legali sostenute per il giudizio: lo ha precisato il T.A.R. pe la regione Puglia, sede di Lecce, Sez. 2^, sent, n. 940 del 25/5/2012, che ha dichiarato illegittimo il diniego di rimborso delle spese legali, per mancanza del nesso di strumentalità tra i fatti in relazione ai quali è stato avviato il procedimento penale e l’adempimento dei compiti di ufficio o l’espletamento del servizio – che un dipendente comunale (sottotenente di polizia municipale) ha dovuto sostenere quale imputato dei reati di peculato (art 314 c.p.) e tentata truffa in danno dello Stato (artt. 56, 640, comma 2, n. 1, c.p.) – essendogli stato mosso il rimprovero di essersi appropriato di un’autovettura di istituto, risultata coinvolta in un incidente stradale, al fine di recarsi, per ragioni asseritamente estranee a quelle di servizio, nel territorio di un Comune limitrofo, nonché per avere posto in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a consumare il distinto delitto di truffa in danno dello Stato, con riferimento alla erogazione indebita della retribuzione per il lavoro straordinario svolto nelle medesime circostanze di cui al primo degli addebiti – in un procedimento penale conclusosi con la formula assolutoria “il fatto non costituisce reato”, limitatamente alla prima imputazione, e con formula ampiamente liberatoria ”il fatto non sussiste”, per il reato di tentata truffa in danno dello Stato.
Con riferimento al caso di specie, va considerato che l’attività di raccolta di sommarie informazioni testimoniali da soggetto in grado di riferire circostanze utili alle indagini, da parte di soggetto munito della qualifica di agente di polizia giudiziaria, come nel caso del ricorrente (sottotenente di polizia municipale) va senz’altro annoverata tra le funzioni di istituto e non costituisce attività estranea al servizio.
È ben vero che l’art 57 C.P.P. introduce una limitazione valevole proprio nei confronti degli appartenenti al corpo di polizia municipale, i quali “… sono altresì ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni …“,ma è pur vero che la qualità di agenti di polizia giudiziaria è espressamente attribuita alle guardie dei comuni dall’art 5, 1, lett. a), prima parte L. 7/3/1986, n. 65, recante l’ordinamento della polizia municipale.
L’attività di escussione di un potenziale testimone è dunque, alla luce del descritto quadro normativo, esattamente riconducibile alla funzione istituzionale propria del dipendente della Polizia municipale che, in base alla disposizione da ultimo ricordata, è chiamato a svolgere senz’altro anche compiti e funzioni di polizia giudiziaria in un contesto di attività pubblicistiche che si ricollegano all’attività di servizio. Per altro, un conto è il titolo al rimborso, altro quello all’integrale rimborsabilità delle spese legali, la quale presuppone che l’amministrazione abbia potuto incidere nella scelta del difensore; ne consegue che, ove detta scelta sia stata legittimamente compiuta dal dipendente in totale autonomia, è altrettanto innegabile che la P: A: possa autonomamente e liberamente valutare la congruità degli importi dei quali si chiede il rimborso. In altre parole, non si può pensare ri rivolgersi ad un qualsiasi legale di fiducia, mettendo in conto che la P.A. rimborsi integralmente tutto, senza che questa ne sia stata, in qualche modo, minimamente coinvolta.

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