Stranieri coniugi di cittadini, cittadinanza e persistenza del rapporto matrimoniale. Un'interessante circolare, estesa anche ai termini del procedimento.

Stranieri coniugi di cittadini, cittadinanza e persistenza del rapporto matrimoniale. Un’interessante circolare, estesa anche ai termini del procedimento.

Dopo che, con le modifiche alla legge sulla cittadinanza introdotte dalla L. 15/7/2009, n. 94 in funzione di contrasto ai c.d. “matrimoni di comodo”, con cui si sono inserite le condizioni di persistenza del rapporto matrimoniale, in senso ampio, come co-condizione all’emanazione dei decreti di conferimento della cittadinanza italiana a stranieri, od apolidi, coniugi di cittadini italiani, collegata alla data di emanazione del relativo decreto, il MIN (Citt.), con la circolare n. K.60.1, prot. 6415 del 17/5/2011 , indirizzata precipuamente alle Prefetture-UtG, ha affrontato una serie di aspetti che sono venuti a porsi con tale normativa. Senza considerare come il collegamento tra questa “stabilità” del matrimonio e l’emanazione del decreto di conferimento della cittadinanza apparisse, in qualche modo, poco coerente, avendo (probabilmente) maggiore significato se fosse stata collegata con il momento acquisitivo della cittadinanza, cioè con il momento del giuramento, l’ora emanata circolare consente alcune considerazioni.
La prima attiene alle criticità di avere previsto, da parte del RSC, che la dichiarazione di cui all’art. 157 CC potesse essere resa – anche – all’USC (e si trascurano le incoerenze della Form. n. 121.bis su di una (?) data dell’intervenuta riconciliazione): in precedenza, tale dichiarazione poteva comunque aversi, avanti al giudice (nel corso del procedimento di separazione personale tra i coniugi), cosa che comportava un’identità (temporale) tra data della dichiarazione e contenuto della stessa, potendosi – forse – ammettere la sua annotazione, dove il “forse” si motiva ricordando come il processo di separazione personale (modificato da 2 diverse disposizioni del 2006) proprio non preveda annotazioni in questo ambito, il ché porta a dover richiamare l’art. 453 CC.
La seconda riguarda la riconciliazione “de facto”, rispetto alla quale traspare come l’Avvocatura Generale dello Stato abbia ignorato (o, forse, voluto ignorare, magari per ritenerla inafffidabile) come questa abbia, quanto meno sulla base delle norme di legge e di regolamento, una sua possibile prova: se si consideri la definizione dell’art. 4 dPR 30/5/1989, n. 223 come si considerano alcuni rapporti giuridici (tra qui quello di coniugio, che non viene certo meno con la separazione personale tra i coniugi) e la situazione, di fatto, della coabitazione, oggetto di accertamenti (art. 4, 2 L. 24/12/1954, n. 1228), anche tale eventualità poteva trovare fonte probatoria, quanto meno fino a prova contraria, data in sede giudiziale.
Per altro, superando questi aspetti e considerazioni, e accogliendo la distinzione tra riconciliazione in forma espressa e in modo tacito, va considerato come il presupposto per una dichiarazione di inammissibilità debba essere riferita alla data di emanazione del decreto di conferimento della cittadinanza italiana, solo che, tra le righe, si considera anche l’ipotesi che questa sia ben antecedente, cioè tale da condizionare i requisiti per la presentazione dell’istanza relativa: in tale ipotesi, se la riconciliazione (espressa) sia antecedente alla presentazione della domanda, appare chiaro come si possa parlare di inammissibilità della stessa, proprio perché i suoi effetti sorgono ex nunc.
Più difficile argomentare che si possa parlare di inammissibilità della domanda, quando una separazione personale (e, quindi, una riconciliazione tra i coniugi) intervengano nell’arco temporale tra la presentazione dell’istanza e la data di emanazione del decreto di conferimento della cittadinanza italiana, ipotesi nella quale, essendovi le condizioni per la presentazione della domanda, appare poco sostenibile che possa dichiararsi inammissibile la domanda: al più potrebbe aversi l’inammissibilità dell’emanazione del decreto di conferimento della cittadinanza italiana.
Tra l’altro, la circolare sopra indicata considera come queste ipotesi possano emergere in occasione della notifica del decreto (che spetta unicamente alla Prefettura-UtG), oppure anche in occasione del giuramento, situazioni nelle quali si avrebbe un’inammissibilità della domanda se ed in quanto i fattori di criticità fossero stati presenti al momento della domanda.
In particolare, con riferimento all’emersione di situazioni di questa natura in occasione del giuramento, fermo restando che dovrebbero essere antecedenti alla data di emanazione del decreto di conferimento della cittadinanza italiana, va sottolineato come si faccia riferimento all’annullamento del decreto, anzi vi si parla di “dichiara la nullità” (che implica un radicale, originario, vizio) riferendosi all’art. 21.nonies L. 7/8/1990, n. 241, che parla di “annullamento d’ufficio” (non rileva qui, più di tanto la distinzione tra annullamento e nullità).
La parte finale considera i termini di conclusione del procedimento, considerando anche il contenzioso che ne deriva e – pudicamente – senza alcun cenno all’art. 2.bis L. 7/8/1990, n. 241.

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