Lampedusa e dintorni. D.P.C.M. sulla protezione temporanea

Lampedusa e dintorni. D.P.C.M. sulla protezione temporanea

Sembrerebbe che il concetto di “linearità” siano noto solo al Ministro titolare del MEF, per il suo concetto di “tagli lineari” ai trasferimenti ed assegnazione di risorse, se si considera quando avvenuto negli ultimi (circa) 2 mesi. 
Infatti, con il d.P.C.M. 5/4/2011, adottato in applicazione dell’art. 20 D. Lgs. 25/7/1998, n. 286, è stato previsto il rilascio di un P.d.S., per i motivi di cui all’art. 11, 1, lett. c.ter) d.P.R. 31/8/1999, n. 394, per le persone entrate in Italia “in relazione all’eccezionale afflusso dio cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa” (citazione testuale che escluderebbe quanti, pur provenendo dal Nord Africa appartengano a Paesi diversi, come, es., quelli dell’A.O.I. (l’uso di questa terminologia “coloniale” è intenzionale), come etiopi, eritrei e somali, oppure da altre zone geografiche), in un arco temporale ben definito (1/1 – 5/4/2011).
All’art. 2, 4 d.P.C.M. 5/4/2011 si prevede, esplicitamente, che tale P.d.S. “. consente all’interessato, titolare di un documento di viaggio, la libera circolazione nei Paesi dell’Unione europea, conformemente alle previsioni della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1995 e della normativa comunitaria. .”, affermazione un po’ unilaterale se si abbia presente quanto preveda la Direttiva 2001/55/CE del Consiglio del 20/7/2001, attuata dall’Italia con il D. Lgs. 7/4/2003, n. 85, che, tra l’altro, prevede come l’utilizzo dell’art. 20 D. Lgs. 25/7/1998, n. 286 che l’afflusso massiccio di sfollati sia “accertato” con decisione del Consiglio, ai sensi dell’art. 5 direttiva citata, disposizione che prevede, per l’appunto, come “l”esistenza di un afflusso massiccio di sfollatiè accertata con decisione del Consiglio adottata a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, la quale esamina parimenti qualsiasi richiesta presentata dagli Stati membri affinché sottoponga al Consiglio una proposta in tal senso.” Oltretutto, l’art. 5, 1, lett. g) del D. Lgs. 7/4/2003, n. 85 (di attuazione di questa direttiva) prevederebbe che tra i contenuti di un d.P.C.M. ex art. 20 D. Lgs. 25/7/1998, n. 286 vi siano anche le misure assistenziali, d’intesa con la Conferenza unificata, anche mediante il coinvolgimento delle associazioni ed enti di volontariato, che (art. 3). Sono solo citate e rinviate. 
Del resto che vi fosse la direttiva 2001/55/CE era noto se, il giorno successivo all’emanazione del d.P.C.M. viè stato l’incontro con le Regioni ed Autonomie Locali, in cui è stato sottoscritto un “accordo”, dove essaè esplicitamente citata, al suo Punto 1), con l’impegno del Governo “ad avviare un’iniziativa verso l’Unione Europea per dare corso all’art. 5 della Direttiva n. 55 del 2001”: In altre parole, la sequenza lineare sembrerebbe dover essere quella della proposta al Consiglio UE (non ad altri organismi), l’accertamento da parte di questi delle condizioni, la definizione delle misure assistenziali in sede di Conferenza Unificata, l’adozione del d.P.C.M. ex art. 20 D. Lgs. 25/7/1988, n. 286.
Per altro, comunque stia la situazione (e non ignorandosi neppure gli aspetti di urgenza), potrebbe porsi la questione se le persone che ottengano un P.d.S. sulla base del d.P.C.M. 5/4/2011, possano a) svolgere attività lavorativa, nonché b) considerarsi rientrare nelle condizioni soggettive dell’art. 6, 7 D. Lgs. 25/7/1988, n. 286; dato ch queste rinviano, qualora sussistenti, a norme nazionali che rinviano alla sussistenza della condizione di dimora abituale, la quale è, per definizione, assente, proprio per la temporaneità , dovuta all’eccezionalità, del soggiorno e, principalmente, alla sua temporaneità. Rispetto alla prima questione che viene a porsi (lavoro), essa dovrebbe essere esclusa, solo che si consideri come l’art. 4, 1, lett. e) D. Lgs. 7/4/2003, n. 85 preveda che ciò dovrebbe essere esplicitamente indicato tra i contenuti del d.P.C.M. adottato ex art. 20 D. Lgs. 25/7/1988, n. 286, indicazioni del tutto assenti. 

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