ENTI LOCALI - I dipendenti “furbetti” fanno male a tutti gli altri

Editoriale di Renzo Calvigioni pubblicato nella rivista I Servizi Demografici n. 1-2/2016

Editoriale di Renzo Calvigioni pubblicato sulla rivista I Servizi Demografici n. 1-2/2016

Con impressionante puntualità, ad intervalli regolari di tempo, compaiono in televisione, subito riprese dai quotidiani, le immagini dei dipendenti che usano tutti gli artifici possibili e non sempre immaginabili, per non recarsi al lavoro o per non svolgere attività lavorativa, addirittura in qualche caso, occupandosi di proprie personali attività, continuando a percepire lo stipendio. È particolarmente sorprendente che, nonostante siano sempre più numerosi i casi di coloro che vengono colti in flagrante, altri se ne ripropongano dopo qualche tempo, come se neanche il rischio sempre maggiore di essere scoperti, riesca a far cessare questi comportamenti sicuramente vergognosi e riprovevoli. Nel corso degli ultimi anni, abbiamo avuto modo di prendere visione di un campionario sconvolgente di dipendenti che, almeno da quanto veniva mostrato, sostanzialmente non si recavano quasi mai in ufficio o che vi rimanevano per un tempo così limitato da escludere che potessero svolgere una qualsiasi attività lavorativa, addirittura che svolgevano una seconda attività dopo aver timbrato l’ingresso in ufficio, altri che si dedicavano alla pratica sportiva: insomma, da restare senza parole di fronte a tanto scempio del più elementare concetto di rapporto di lavoro.

Tutto ciò, oltre al danno contabile nei confronti della pubblica amministrazione, alimenta la pessima considerazione dei cittadini nei confronti del dipendente pubblico rovinando, in maniera difficilmente riparabile, l’immagine e la credibilità di quei dipendenti pubblici – e sono tanti, per fortuna! – che svolgono con impegno, serietà e senso di abnegazione il proprio dovere. Si tratta dell’effetto peggiore che possano subire i dipendenti pubblici, perché questa fama di “scansafatiche” – nella realtà e per la maggior parte dei dipendenti, assolutamente infondata ed ingiustificata – si trasforma poi in una etichetta apposta sulla pelle dei dipendenti pubblici che li rende privi di qualsiasi rilevanza e, ovviamente, neanche meritevoli di rinnovi contrattuali o di riconoscimenti od incentivi economici.

È evidente che situazioni come quelle che vediamo in televisione, giustifichino l’adozione di misure, anche eccezionali, tendenti a far cessare tali indegni comportamenti, anche se probabilmente le normative al riguardo esistono già ed occorrerebbe solamente applicarle: ma non è questo l’aspetto sul quale riflettere, lasciando al legislatore, agli organi di controllo, alla magistratura, l’onere di svolgere il proprio ruolo su tali vicende e sugli interventi da effettuare.

L’aspetto che merita maggiore considerazione e che sorprende forse ancora di più, è il comportamento dei colleghi di quei dipendenti “furbetti”, i colleghi che facevano e fanno fino in fondo il loro lavoro, costretti a farsi carico anche delle pratiche e degli adempimenti non svolti dagli altri, ed il silenzio o l’inerzia dei responsabili o dirigenti di quei settori dove risultava in servizio quel personale che invece non c’era: come è possibile che tutto questo non abbia scatenato proteste e rimostranze, come è possibile che i “furbetti” non siano stati smascherati e puniti prima dell’arrivo delle telecamere? Nella situazione in cui versano oggi molti uffici – che lamentano gravi carenze di personale, almeno quelli demografici, dei quali ho esperienza diretta – dovrebbe essere impensabile che un dipendente possa mancare dal servizio senza creare disagio o difficoltà al settore, figuriamoci se questo dovesse avvenire in maniera costante e regolare. Questo è ancora più vero nella maggior parte degli uffici demografici, in particolare quelli dei comuni medi o medio-piccoli, nei quali anche la mancanza di una sola persona, per ferie o malattia, può rischiare addirittura di mettere in crisi l’intero ufficio, tanto da far temere per la regolarità del servizio, soprattutto per gli adempimenti improcrastinabili: il carico di lavoro in costante aumento che, nel corso degli ultimi anni, hanno subìto gli uffici demografici è talmente rilevante che anche l’assenza di una sola persona può essere sufficiente per impedire il regolare smaltimento delle procedure previste.

In conclusione, se alcuni dipendenti potevano permettersi di non lavorare pur essendo in servizio, questo dimostra che in quel settore quei dipendenti erano in eccedenza, magari a scapito e svantaggio di altri settori, dove il personale è sempre più ridotto ed i servizi vengono svolto in affanno: si tratta di una valutazione che le amministrazioni dovrebbero fare, cercando di verificare correttamente le esigenze di personale nei diversi settori e come dovrebbe essere distribuito. In ogni caso, è bene rimarcarlo, i “furbetti” fanno male prima di tutto a quei dipendenti seri che fanno coscienziosamente il proprio dovere: ecco perché dovremmo essere i primi ad indignarci ed adoperarci perché queste situazioni scandalose non avvengano più.

 

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