STATO CIVILE - De-giurisdizionalizzazione. Soluzioni extragiudiziali, ed  amministrative, per le patologie del matrimonio

De-giurisdizionalizzazione. Soluzioni extragiudiziali, ed  amministrative, per le patologie del matrimonio

Il d.l. 12/9/2014, n. 132 ha lo scopo di ridurre il contenzioso giudiziario (o, più esattamente, il suo arretrato) nelle materie civili, ricorrendo a plurimi istituti che presentano il tratto comune della privatizzazione della giustizia, attraverso convenzioni conciliatorie, arbitrati e simili. Tra le altre misure di de-giurisdizionalizzazione vi sono anche istituti come la separazione personale tra i coniugi, lo scioglimento (o, cessazione degli effetti civili) del matrimonio, incluse le modifiche alle condizioni di separazione e “divorzio”, per cui sono presenti ben 2 disposizioni, la prima (art. 6) che prevede una convenzione assistita da avvocato, la seconda (art. 12) che prevede che le relative dichiarazioni siano rese all’USC (individuato anche sotto il profilo della competenza territoriale), entrambi istituti impercorribili in presenza di figli minori o, se maggiorenni, di figli incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti. Per quanto riguarda la modifica delle condizioni di separazione o “divorzio” (termine che, tecnicamente, richiede di essere virgolettato in quanto estraneo rispetto alla l. 1.12.1970, n. 898, anche se usato nel linguaggio dell’uomo della strada), non si può non ricordare come queste potrebbero riguardare non solo il diritto di visita dei figli da parte dei coniugi o ex coniugi, ma altresì l’assegnazione della c.d. casa coniugale, aspetto che merita di segnalarsi, poiché, trattandosi diritti reali su beni immobili, si pone la questione della trascrizione (art. 2643 c.c. ), con la conseguenza (neppure accennata) che la convenzione assistita da avvocato o le dichiarazioni rese all’USC (nella forma considerata dall’art. 107 RSC, dovrebbero essere titolo per la trascrizione, con relativa nota di trascrizione (art. 2659 c.c., ) da parte del soggetto di cui all’art. 2671 c.c. Ma, evidentemente si tratta di aspetti per cui ”de minimis non curat praetor”, dove il “praetor” del caso è il legislatore (esecutivo!). Alcune altre osservazioni.

A) nelle situazioni delle convenzioni assistite da avvocato, il ritardo (calcolato secondo il calendario comune e con i criteri dell’art. 2963 c.c.), da parte di questi all’inoltre della convenzione assistita all’USC è soggetto da una sanzione pecuniaria amministrativa, di cui è individuata la misura minima e massima, cosa che suggerisce che siano i comuni a definirne la misura, eventualmente graduandola (si spera) secondo criteri razionali, sanzione che evidentemente affluisce al bilancio del comune competente.

B) per le dichiarazioni rese all’USC viene integrata la Tabella D) l. 8.6.1962, n. 604 con l’inserimento di un Punto 11-bis), relativo ad un nuovo diritto di segreteria, che, a parte la misura di cui è individuato il solo limite massimo (del tutto esiguo, specie se raffrontato con la sanzione a carico dell’avvocato “in ritardo” di cui in precedenza, rilevandosi la forte sproporzione), sembra trascurarsi come non sia indicato il soggetto che ne determina la misura, entro quella massima (anche se sembrerebbe, implicitamente (sic!), debbano provvedervi i comuni esattori) e, soprattutto, si trascura come ciò dovrebbe soggiacere a riserva di legge (art. 23 Cost.), legge che potrebbe attribuire anche ai comuni tale competenza, cosa che, esplicitamente, non è stata fatta. Si evitano considerazioni sulle due disposizioni, abbastanza omogenee, considerando unicamente come dal 13.9.2014 (data di entrata in vigore del d.l.), gli sposi interessati possono avvalersi di una pluralità di percorsi per affrontare le situazioni di patologia del matrimonio, cioè quella “tradizionale” dell’avvalersi della giurisdizione, quella della convenzione assistita da avvocato, quella delle dichiarazioni rese all’USC, ma anche come queste disposizioni vadano a sovrapporsi, in parte, ai lavori parlamentari che riguardano le P.d.L. sul c.d. “divorzio breve”, per cui, se esse siano convertite senza particolari o sostanziali modifiche, il legislatore dovrà tenerne conto (anche) in quella sede, quanto meno per prevenire possibili incongruenze (AC 1504), su testo già approvato (29.5.2014) dalla Camera dei deputati ed in discussione in sede di Commissioni, per cui la problematiche derivanti dal d.l. sono già state colte dai senatori come influenti sul lavori parlamentari in proposito).

Sereno Scolaro

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *