Il contenuto del parere
Nel parere si fa riferimento a una prefettura, che per aderire ad analoga richiesta di un sindaco, sottopone la possibilità che un Comune adotti un regolamento con il quale “limiti entro numeri, modalità e costi accettabili le richieste di accesso, informazioni, interrogazioni, ecc. da parte di tutti i consiglieri Comunali”. Di seguito si legge che il Comune lamenta l’eccessivo utilizzo degli strumenti di sindacato ispettivo e di richieste di convocazione del consiglio comunale da parte dei consiglieri comunali, che provocherebbe disagi e disservizi. A seguire l’Ente ha evidenziato la necessità di adottare un regolamento volto a disciplinare in modo più puntuale il diritto di accesso dei consiglieri al fine, da un lato, di salvaguardare il diritto di informazione degli stessi e, dall’altro, di evitare che l’esercizio di tale diritto possa rallentare l’attività ordinaria svolta dagli uffici dell’Ente locale.
Nel parere si fa riferimento a una passata sentenza del Consiglio di Stato che ha ricordato che: “è principio pacifico quello per cui l’accesso agli atti, ex art. 43 d.lgs. n. 267 del 2000, da parte dei consiglieri comunali costituisce strumento di controllo e verifica del comportamento dell’amministrazione, in funzione di tutela di interessi non individuali ma generali, ed è pertanto espressione del principio democratico dell’Autonomia locale”. Nello stesso tempo il TAR Veneto aveva precisato che: “Il riconoscimento da parte dell’articolo 43 del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 (Testo Unico sugli Enti Locali) di una particolare forma di accesso costituita dall’accesso del consigliere comunale per l’esercizio del mandato di cui è attributario, non può portare allo stravolgimento dei principi generali in materia di accesso ai documenti e non può comportare che, attraverso uno strumento dettato dal legislatore per il corretto svolgimento dei rapporti cittadino-pubblica amministrazione, il primo, servendosi del baluardo del mandato politico, ponga in essere strategie ostruzionistiche o di paralisi dell’attività amministrativa con istanze che a causa della loro continuità e numerosità determinino un aggravio notevole del lavoro negli uffici ai quali sono rivolte e determinino un sindacato generale sull’attività dell’amministrazione oramai vietato dall’art.24, comma 3, della L. n. 241 del 1990”.
Le conclusioni
In conclusione si riporta come l’azione amministrativa si deve ispirare al principio di economicità e pertanto, nell’esaminare le domande di accesso, l’amministrazione deve tener conto della necessità di arrecare il minor aggravio possibile, sia organizzativo che economico, alla propria struttura. Infatti, come ricordato dall’Alto Consesso. “è altrettanto vero che tale estensione non implica che esso possa sempre e comunque esercitarsi con pregiudizio di altri interessi riconosciuti dall’ordinamento meritevoli di tutela, e dunque possa sottrarsi al necessario bilanciamento con quest’ultimi”, precisando inoltre che sul consigliere comunale non può gravare alcun particolare onere di motivare le proprie richieste di accesso, atteso che, diversamente opinando, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’Ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio delle funzioni del consigliere comunale.
> Consulta il Parere del Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, 14 aprile 2023, n. 11288
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