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Cittadino italiano nato all’estero: il cognome spettante secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea (1 parte)
La riflessione sul cognome spettante al cittadino italiano che nasce all’estero è stata provocata dalla necessità di rispondere ad un quesito...

Articolo tratto dalla Rivista “I Servizi Demografici n. 12/2018″

La riflessione sul cognome spettante al cittadino italiano che nasce all’estero è stata provocata dalla necessità di rispondere ad un quesito presentato, particolarmente interessante: una coppia di cittadini italiani residenti in Germania, iscritti all’Aire attribuiscono alla figlia il cognome materno, secondo quanto previsto dall’ordinamento tedesco. L’ufficiale di stato civile del comune di iscrizione Aire, trascrive l’atto di nascita mantenendo il cognome materno, ma successivamente il Consolato italiano in Germania rifiuta il rilascio del passaporto con tale cognome, pretendendo che si applichi la legge italiana e che l’ufficiale di stato civile corregga il cognome ai sensi dell’art. 98, comma 2 del d.P.R. 396/2000.
Occorre subito chiarire che la procedura seguita dall’ufficiale di stato civile appare corretta ed esente da critiche. Infatti, se è pur vero che l’art. 98, comma 2 del d.P.R. 396/2000 prevede, al momento della trascrizione dell’atto di nascita, la correzione del cognome del cittadino italiano nato all’estero, ad opera dell’ufficiale di stato civile, laddove risulti imposto un cognome diverso da quello spettante secondo l’ordinamento italiano, tuttavia occorre ricordare che tale disposizione è stata dapprima interpretata diversamente dal Ministero dell’interno e, successivamente, limitata nell’applicazione dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea. Proviamo a ricostruire gli adempimenti dell’ufficiale dello stato civile, verificando come siano cambiati, nel corso degli anni.

L’applicazione dell’art. 98, comma 2 del d.P.R. 396/2000 [1]
Ricordiamo che, con la circolare del Ministero dell’interno n. 2 del 26 marzo 2001, veniva affermato che “… la correzione di cui al comma 2 è ammessa soltanto con riguardo all’atto di nascita di cittadini italiani nati all’estero: trattasi di ipotesi in cui non può sorgere dubbio circa il tenore e il testo della correzione”, sottolineando l’obbligatorietà dell’adempimento e la mancanza di discrezionalità per l’ufficiale dello stato civile. Tale orientamento veniva confermato nella successiva circolare n. 9 dell’11 luglio 2001: “È stato posto un quesito concernente la procedura da seguire nel caso di ricezione dall’estero, ai fini della trascrizione, di un atto di nascita relativo a cittadino italiano cui è stato attribuito il cognome in base alla legislazione vigente nel Paese dove è avvenuta la nascita. Al riguardo si ritiene che l’ufficiale dello stato civile debba provvedere a trascrivere l’atto così come pervenuto e, successivamente, nei casi tassativamente previsti dall’art. 98, comma 2, del Regolamento, debba procedere direttamente alla correzione dello stesso, annotando su di esso il cognome che compete all’interessato secondo la legge italiana”.

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[1] Si riporta il testo dell’intero articolo: Art. 98 (Correzioni) 1. L’ufficiale dello stato civile, d’ufficio o su istanza di chiunque ne abbia interesse, corregge gli errori materiali di scrittura in cui egli sia incorso nella redazione degli atti mediante annotazione dandone contestualmente avviso al prefetto, al procuratore della Repubblica del luogo dove è stato registrato l’atto nonché agli interessati.
2. L’ufficiale dello stato civile provvede con le stesse modalità di cui al comma 1 nel caso in cui riceva, per la registrazione, un atto di nascita relativo a cittadino italiano nato all’estero nel matrimonio, ovvero relativo a cittadino italiano riconosciuto come figlio nato fuori del matrimonio ai sensi dell’articolo 262, primo comma, del codice civile, al quale sia stato imposto un cognome diverso da quello ad esso spettante per la legge italiana.
Quest’ultimo cognome deve essere indicato nell’annotazione.
3. Avverso la correzione, il procuratore della Repubblica o chiunque ne abbia interesse può proporre, entro trenta giorni dal ricevimento dell’avviso, opposizione mediante ricorso al tribunale che decide in camera di consiglio con decreto motivato che ha efficacia immediata.

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