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Riattivazione di procedimento disciplinare e leggitimità del licenziamento
Legittimità di un licenziamento disciplinare comminato ad un dipendente pubblico

La pronuncia della Cassazione, Sez. Lavoro, 13 maggio 2019, n. 12662, si concentra sulla legittimità di un licenziamento disciplinare comminato ad un dipendente pubblico nel caso di riattivazione del procedimento disciplinare, dapprima sospeso, senza attendere l’irrevocabilità del giudicato penale.

In materia di impiego pubblico contrattualizzato, la sospensione del procedimento disciplinare in pendenza del procedimento penale, di cui all’art. 55-ter, comma I, d.lgs. n. 165 del 2001, costituisce facoltà discrezionale attribuita alla pubblica amministrazione, che può esercitarla, qualora per la complessità degli accertamenti o per altre cause, non disponga degli elementi necessari per la definizione del procedimento. Ne consegue che il datore di lavoro pubblico, anche prima delle modifiche apportate dall’art. 14, comma I, lett. a), è legittimato a riprendere il procedimento disciplinare, senza attendere che quello penale venga definito con sentenza irrevocabile, allorquando ritenga che gli elementi successivamente acquisiti consentano la decisione, derivandone altresì che il termine di decadenza per la ripresa del procedimento va riferito solo al caso in cui la riattivazione sia successiva all’irrevocabilità della sentenza penale, mentre restano irrilevanti i termini entro cui il procedimento disciplinare sia ripreso (salva la conclusione entro il successivo termine di 180 giorni, o di 120 giorni, per i procedimenti cui si applichino le modifiche alla norma apportate dal d.lgs. n. 75 del 2017, art. 14, comma 1) qualora ciò avvenga anteriormente al sopravvenire di tale pronuncia definitiva.

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