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Matrimoni gay: la circolare di Alfano

Innanzitutto, al fine di evitare fraintendimenti, sembra utile la considerazione circa il fatto che, prima o poi, dovrà intervenirsi legislativamente, anche nel diritto interno, dando atto dei mutamenti intervenuti nella società, che muta non certo sulla base di aspirazioni culturali, quanto per ben altri fattori,
La presa di posizione del Ministro dell’interno, attraverso l’annuncio dell’emanazione di una circolare indirizzata ai Prefetti perché dispongano per l’annullamento di trascrizioni di alcuni matrimoni celebrati all’estero riprende una questione già sorta, in cui almeno un Prefetto aveva rappresentato l’esistenza di impedimenti a tali trascrizioni.
La vicenda è, per altro, più articolata in quanto l’ipotesi prospettata dimentica come il Prefetto non abbia questo potere, ma la cancellazione (per indebita registrazione, nella specie) richiede decreto del tribunale (art. 95, 1 RSC), rispetto a cui il Prefetto non ha legittimazione attiva, né ha titolo a fornire segnalazioni al P.M. (procuratore della Repubblica) per la valutazione, del tutto eventuale, della sussistenza di condizioni per l’avvio dell’azione, di rettificazione. Inoltre, essendovi stati tribunali che, in presenza di un rifiuto ad eseguire queste trascrizioni di atti di matrimonio formati all’estero, si evidenza l’incongruità che può aversi qualora il procedimento spetti a tribunale che già ebbe ad ordinare tali trascrizioni. Per non citare proprio (intenzionalmente) né decisioni dell’Unione europea (sua giurisprudenza inclusa) o, fuori di essa, impianti logici presenti in seno al, distinto, Consiglio d’Europa, con Convenzioni (alcune rafforzate da organi giurisdizionali specializzati, come la C.E.D.U.), né Convenzioni ONU.
L’altro elemento scarsamente considerato è quello per cui vi siano state direttive dei sindaci in un senso (ma vale anche nel caso di direttive in senso opposto) per almeno 2 ordini di considerazioni: a) la materia attiene all’ordinamento civile, per la quale sussiste potestà legislativa – esclusiva – dello Stato (art. 117, 2 Cost.), con la conseguenza che altri livelli di governo (art. 114 Cost.) non possono intervenire in proposito (considerazioni analoghe valgono per i c.d. registri comunali delle unioni civili, così come per indirizzi in altre materie altrettanto pertinenti a quella dell’ordinamento civile); b) il Sindaco, se sia indubitabilmente USC, per altro non ha titolo ad emanare direttive a dipendenti svolgenti le funzioni di USC (ferma restando la titolarità a conferire la delega delle funzioni di USC ed a revocarla), dato che l’USC, sia quando svolga la funzione per legge, sia quanto la svolga per delega, è organo monocratico, non subordinato ad altri (salvo che nel caso dell’art. 9, 1 RSC); in altre parole, tali direttive sono, in sé stesse, eccedenti i poteri dei sindaci, con quanto ne consegua.
La situazione segnala come si siano persi di vista quelli che sono, o dovrebbero essere, principi generali, fondamenti del diritto, quasi che si sia giunti al punto per cui ciascuno si muove secondo convincimenti personali e non vi siano più elementi di uniformità.

Sereno Scolaro


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