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L'occupazione di immobili di edilizia residenziale pubblica ed il procedimento anagrafico

L’ufficiale d’anagrafe, pur nella consapevolezza che non è possibile la registrazione anagrafica in un immobile occupato abusivamente, non può impedire l’esercizio del diritto all’iscrizione anagrafica

Il contesto socio-economico ed urbanistico, progressivamente modificatosi nel corso degli ultimi decenni, ha assunto caratteristiche tali da richiedere un’attenzione diversa, nonché una “nuova visione” delle problematiche connesse alla gestione ed al miglioramento della vita delle persone che non hanno una stabilità alloggiativa.
Tale mutazione, di indubbio valore sociale, si riverbera anche nella gestione anagrafica del fenomeno: basti pensare che tra i “senza fissa dimora” in precedenza erano annoverati i nomadi, i girovaghi, i giostrai, i circensi, nonché coloro i quali, per ragioni professionali, erano costretti a spostarsi continuamente da un luogo ad un altro e, quindi, senza avere quell’abitualità della dimora che costituisce di norma il presupposto per ottenere l’iscrizione anagrafica in un determinato Comune.
Allo stato attuale, le condizioni di esclusione, di marginalità, di mancanza di lavoro, di disgregazione familiare hanno determinato il proliferare di una particolare categoria di persone, in passato piuttosto esigua, costrette a vivere in luoghi di fortuna come “senza tetto” oppure a trasferirsi in coabitazione presso parenti o terzi.
Proprio quest’ultima condizione riveste particolare rilevanza sotto il profilo anagrafico, alla luce di quanto disposto dall’art. 5 del decreto legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito in legge 23 maggio 2014, n. 80, più noto come norma antiabusivismo.

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