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Diritto d’accesso, approcci "federalisti" o meno ed impostazione di "cedevolezza"

L’art. 29, 1 L. 7/8/1990, n. 241 prevede che la disposizioni della legge si applichino alle amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali (ed ad altre), mentre si applicano a tutte le P. A. le degli artt. 2-bis, 11, 15 e 25, commi 5, 5-bis e 6, nonché quelle del capo IV-bis.
Di seguito, nei commi 2 e ss. si considerano le regioni ed EE. LL. rinviando a queste la regolazione delle materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa, introducendosi una sorta di “federalismo” nel procedimento amministrativo.
Per gli EE. LL., la disciplina sul diritto d’accesso ed informazione, occorre riferirsi all’art. 10 D. Lgs. 18/8/2000, n. 267, che prevede uno specifico, e specializzato, regolamento.
Tra l’altro, con riferimento a fonti più recenti, si dovrebbero richiamare altresì le norme in materia di trasparenza e anti-corruzione, per le quali non si va oltre al ricordarle, volendo soffermarsi solo sulle relazioni possibili tra art. 29, 1 ed art. 2, 2 e ss. L. 7/8/1990, n. 241, cosa che può ridursi a sollevare la questione se le norme sul diritto di accesso, presenti nella legge, si applichino anche agli EE. LL., oppure vi sia una sorte di riserva di esclusività del regolamento comunale in materia, oppure (anche) se le prime (norme di legge) si applichino, negli EE. LL., in difetto di regolamento (o, come si dice, se le norme statali siano “cedevoli”).
Sul tema, può richiamarsi la pronuncia del T.A.R. per la regione Lazio, sede di Latina, Sez. 1^, sent. n. 829 del 6/11/2013, che, intervenendo anche su altro, ha ritenuto che la tesi secondo cui il diritto di accesso nei confronti delle amministrazioni locali sarebbe in forza della previsione dell’articolo 10 D. Lgs. 18/8/2000, n. 267 sostanzialmente “incondizionato”, nel senso che non sarebbe soggetto ai presupposti indicati dalla L. 7/8/1990, n. 241, è infondata; le norme dell’ordinamento vanno infatti interpretate in chiave sistematica per cui, in difetto di una normativa specifica del diritto di accesso in ambito locale esplicitamente derogatoria rispetto a quella generale, non può che applicarsi (anche) quest’ultima; del resto, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha affermato, condivisibilmente, che “la disposizione contenuta nell’art. 10, comma 1, d.lgs. 18.8.2000, n. 267 sancisce il principio della pubblicità degli atti delle amministrazioni locali, senza tuttavia che ciò; possa implicare una diversa configurazione del diritto di accesso, così come delineato dall’art. 25, legge 7.8.1990, n. 241, e senza neppure disciplinare modalità differenziate di esercizio di tale diritto; di conseguenza, per quanto riguarda i requisiti di accoglimento della domanda di accesso non sussiste alcuna ragione per discostarsi da quelli contenuti nella disciplina generale di cui agli artt. 22 e seguenti, legge n 241 del 1990” (Cons. Stato, sez. V, 22.3.2011, n. 17872).
Magari, la questione non era proprio quella qui sollevata, considerando la sentenza la presenza o meno di condizioni per il diritto di accesso, ma proprio su questo punto aderisce all’impostazione sulla “cedevolezza”, cioè, in difetto di norma locale, si debba applicare quella generale.

ALLEGATO:
TAR Lazio Latina sez. I 6/11/2013 n. 829
Diritto di accesso agli atti delle amministrazioni locali


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