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Lo Stato non ha alcun obbligo di riconoscere il matrimonio di una bambina minorenne
Il caso riguarda due giovani sposi di origine afgana che avevano contratto matrimonio in Iran nel 2010. Successivamente, attraversando l’Italia, arrivano in Svizzera e lì chiedono asilo. Su vari aspetti del caso si è pronuncia la Corte Europea per i diritti dell'uomo

Pronunciandosi su un caso “svizzero” riguardante le richieste di asilo dei due cittadini afghani, la signora ZH e il signor RH, che avevano contratto matrimonio con cerimonia religiosa svoltasi in Iran, quando la signora ZH era ancora una bambina, e che erano stati trattati come separati (i coniugi non erano cioè considerati come legalmente sposati dalle autorità svizzere), con conseguente espulsione del sig. RH verso l’Italia.
Nel procedimento dinanzi alla Corte europea, la coppia aveva sostenuto che l’espulsione del sig. RH aveva violato il diritto al rispetto della loro vita familiare.
La Corte e.d.u. ha rilevato che, al momento della espulsione del signor RH verso l’Italia, le autorità svizzere avevano ragione nel ritenere che i due non fossero sposati.
La Corte ha ritenuto, in particolare, che la Svizzera non aveva alcun obbligo di riconoscere il matrimonio di un minorenne, sottolineando l’importanza della tutela dei minori e considerando che la regolamentazione della disciplina del matrimonio costituiva un tema affrontato al meglio da parte dei giudici nazionali. I giudici di Strasburgo hanno quindi dichiarato, all’unanimità, che non vi era stata alcuna violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Corte europea diritti dell’uomo, sez. III, sentenza 8 dicembre 2015, n. 60119/12).


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