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Pensioni e norme sui requisiti di accesso: trattandosi di diritti soggettivi sussiste la giurisdizione dell’A.G.O., ed è esclusa la giurisdizione amministrativa

È inammissibile, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, il ricorso proposto per l’annullamento della circolare del Ministero della funzione pubblica n. 2/2012, avente ad oggetto: “Decreto-legge n. 201 del 2011 convertito in legge n. 214/2011 art. 24 – limiti massimi per la permanenza in servizio nelle pubbliche amministrazioni”, illustrativa della nuova disciplina in materia di trattamenti pensionistici, nonché della circolare n. 23 del 12/3/2012 del Ministero della istruzione, dell’università e della ricerca.

Lo ha affermato il Consiglio di Stato, Sez. 4^, sent. n. 4453 del 4/9/2013, precisando come, conseguentemente, con riferimento al c.d. criterio sostanziale della causa petendi e cioè alla intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio come individuata in relazione al rapporto giuridico disciplinato dalla norma, è agevole rilevare che si contesta la legittimità degli atti impugnati (circolari ministeriali) sul rilievo che gli stessi avrebbero introdotto, per i docenti dipendenti della pubblica istruzione, un regime penalizzante per quanto riguarda i termini e le modalità di acquisizione del diritto ad essere collocati a riposo, venendo ingiustificatamente ritardato il pensionamento, anche di diversi anni.

Ora se quella testé indicata è la pretesa sostanziale fatta valere in giudizio è evidente che vengono in rilievo posizioni giuridiche soggettive inerenti il rapporto di lavoro contrattualizzato aventi la dignità di diritti soggettivi, che, come tali, devono trovare la loro tutela innanzi al giudice istituzionalmente dotato della relativa giurisdizione, quello ordinario. Il difetto di giurisdizione del plesso giurisdizionale amministrativo è peraltro rilevabile avuto riguardo anche al criterio del petitum, cioè l’oggetto della richiesta di annullamento. Invero oggetto di “impugnativa” sono due circolari, l’una della Presidenza del Consiglio dei Ministero, l’altra del Ministero dell’istruzione: trattasi, dal punto di vista formale, di atti amministrativi a contenuto generale, ma che non recano misure di tipo organizzativo e neppure hanno contenuto autoritativo e/o dispositivo, atteggiandosi, invece, ad atti esplicativi o meramente applicativi delle disposizioni recate da una normativa di rango primario costituita dall’art. 24 D.-L. 6/12/2011, n. 201, alle quali unicamente è da rapportare la definizione del rapporto giuridico in contestazione.

Sotto tale “versante” (quello della natura e portata contenutistica degli atti in contestazione) non ci si trova di fronte a poteri discrezionali e/o organizzati vi della P. A. , la quale, con le “istruzioni” dettate a mezzo delle prefate circolari, si limita a meglio esplicare il contenuto e la portata applicativa delle disposizioni legislative dettate in subiecta materia, sicché in mancanza di manifestazioni di attività amministrativa tout court ed in assenza di correlate posizioni qualificabili come interessi legittimi di tipo pretensivo, va esclusa la possibilità di ravvisare la sussistenza della cognizione del giudice amministrativo quale l’organo giurisdizionale deputato a conoscere delle questioni introdotte con la controversia all’esame.


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