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Il servizio civile va aperto agli immigrati
Il tribunale di Milano ha accolto il ricorso di quattro giovani stranieri residenti in Italia

Il “bando per la selezione di 8.146 volontari da avviare al servizio nell’anno 2013 nei progetti di servizio civile in Italia e all’estero”, pubblicato il 4 ottobre 2013, “è discriminatorio nella parte in cui richiede il requisito della cittadinanza italiana”. È quanto si legge nell’ordinanza con cui il giudice Fabrizio Scarzella ha accolto a Milano il ricorso presentato dall’Associazione studi giuridici sull’immigrazione e da Avvocati per niente onlus a sostegno di quattro ragazzi di origine straniera che, pur residenti in Italia da oltre dieci anni, venivano esclusi dal servizio civile volontario.

Nel ricorso le associazioni lamentavano come “illogica e incompatibile con il nostro ordinamento l’esclusione dei giovani stranieri da questa importante esperienza di solidarietà” e rimarcavano “l’indifferenza del ministero verso le pronunce giudiziarie” che in passato hanno già bocciato come discriminatoria tale clausola. Nell’ordinanza Scarzella spiega che è un “cittadino” il “soggetto che appartiene stabilmente e regolarmente alla comunità italiana”, che oggi il servizio civile “è svolto su base esclusivamente volontaria” ed è “finalizzato a scopi ulteriori rispetto alla difesa della patria con mezzi e attività militari, quali la promozione dei principi di solidarietà e cooperazione in ambito nazionale e internazionale”. E che in ogni caso “l’attività di difesa della patria è funzionale anche alla realizzazione del dovere di solidarietà sociale previsto dall’articolo 2 della Costituzione cui sono chiamati tutti coloro che risiedano stabilmente sul nostro territorio”.

Per cui risulta “conforme a quanto previsto dall’articolo 2 della Costituzione permettere allo straniero residente in Italia di concorrere al progresso materiale e spirituale della società e all’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale attraverso la sua partecipazione al servizio civile nazionale tenuto conto oltretutto che gli enti promotori perseguono finalità del tutto estranee al concetto di difesa della patria”. 

il giudice ha ordinato all’Ufficio nazionale per il servizio civile presso la presidenza del consiglio dei ministri di “cessare il comportamento discriminatorio, di modificare il bando nella parte in cui prevede il requisito della cittadinanza consentendo l’accesso anche gli stranieri soggiornanti regolarmente in Italia e di fissare un termine non inferiore a dieci giorni dalla comunicazione della presente ordinanza per la presentazione delle ulteriori domande di ammissione”.

La prima sentenza in questa direzionerisale al 12 gennaio del 2012. All’epoca il giudice milanese Carla Bianchini aveva accolto il ricorso presentato da uno studente pakistano di 26 anni (affiancato dalle associazioni Avvocati per niente onlus e Studi giuridici sull’immigrazione, con il sostegno della

 

Cgil e della Cisl di Milano) in cui gli avvocati Alberto Guariso, Livio Neri e Daniela Consoli sostenevano che era “la prima volta che un giovane straniero agisce non tanto per rivendicare una prestazione o un servizio, ma per poter adempiere un diritto/dovere, quello di ‘difendere la patria’ intesa come collettività di persone che vivono stabilmente su un territorio e che sono legate tutte, senza distinzioni di cittadinanza formale, da un unico vincolo di solidarietà”.


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