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Bandi di concorso in tutte le lingue, accolto ricorso Italia

Il Tribunale dell’Unione Europea ha annullato alcuni bandi di concorso per posti di lavoro nelle istituzioni UE perché scritti, nelle versioni integrali, solo in inglese, francese e tedesco. Una ‘diversità di trattamento’ vietata dalla Carta dei diritti fondamentali che non inciderebbe sui risultati di tali concorsi, che restano comunque validi – sostiene il Tribunale – in virtù del principio del ‘legittimo affidamento’ dei candidati prescelti, ma obbliga a questo punto la Commissione europea a pubblicare i prossimi bandi in tutte le lingue dell’Unione.

Violati i principi di non discriminazione e proporzionalità
L’Italia ha presentato ricorso per l’annullamento di una serie di bandi di concorso per posti di lavoro nelle istituzioni UE, fra cui un concorso generale per 30 posti di amministratore e 20 posti di amministratore principale nel settore della lotta antifrode, pubblicati nelle versioni tedesca, inglese e francese della Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea.
Il Tribunale ha considerato che la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale europea, “in tutte le lingue, lo stesso giorno di un avviso sintetico contenente un certo numero di informazioni relative ai concorsi, ha posto rimedio all’omessa pubblicazione integrale in tutte le lingue ufficiali”, ma ha anche ammesso che “un cittadino dell’Unione Europea legge la Gazzetta nella propria lingua materna e pertanto, un candidato la cui lingua materna non fosse una di quelle in cui erano stati pubblicati integralmente i bandi avrebbe dovuto procurarsi la Gazzetta Ufficiale in una di queste tre lingue e leggere il bando in questa prima di decidere se presentare la propria candidatura. In tal senso era svantaggiato rispetto ad un candidato la cui lingua materna fosse una delle tre lingue nelle quali i bandi di concorso controversi erano stati pubblicati integralmente”.

Uno svantaggio che si concretizza “sia sotto il profilo della corretta comprensione di tali bandi sia relativamente al termine per preparare ed inviare la propria candidatura” determinato per l’appunto dalla “diversità di trattamento a motivo della lingua“. Diversità non consentita dalla Carta dei diritti fondamentali e neppure dallo Statuto dei funzionari UE che, in particolare, prescrive come ogni limitazione dei principi di non discriminazione e proporzionalità che vanno sempre perseguiti “deve essere oggettivamente giustificata e deve rispondere a obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale”. Per il Tribunale, “la pubblicazione completa dei bandi di concorso controversi nelle sole lingue tedesca, inglese e francese non rispetta il suddetto principio di proporzionalità e configura una discriminazione siffatta” a cui neppure la la pubblicazione di un avviso sintetico in tutte le versioni “ha potuto porre rimedio”.

Il Tribunale ha quindi riconosciuto lo svantaggio causato ai cittadini, riconoscendo le ragioni dell’Italia, così come avvenuto già lo scorso 27 novembre in un analogo ricorso in quel caso riguardante bandi di concorso per amministratori e assistenti nel settore dell’informazione, della comunicazione e dei media.

Le reazioni italiane
E’ una sentenza che costituisce “una significativa conferma dell’eguaglianza fra le lingue dei paesi membri”, commenta il Ministro per gli Affari Europei, Enzo Moavero Milanesi. Ora, sottolinea, “gli italiani che desiderano lavorare nelle istituzioni UE, per contribuire alla costruzione di un’Europa più unita e per arricchire il proprio percorso professionale vedono riconosciuta pienamente la parità della nostra lingua e non alterate le loro legittime possibilità di successo nei concorsi pubblici banditi a tal fine”.
“Ci aspettiamo adesso – commenta in una nota il Ministero degli Affari Esteri – che la Commissione prenda in considerazione una revisione del regime linguistico dei concorsi, in presenza di una giurisprudenza ormai chiara e consolidata, consentendo ai tanti, preparati, giovani italiani che aspirano a lavorare nelle istituzioni comunitarie di concorrere su un piede di parità”.

fonte: www.politicheeuropee.it

ALLEGATO:

Sentenza del Tribunale dell’Unione Europea 12 settembre 2013 T-126/09

 


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