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La Francia non vuole Romania e Bulgaria nello spazio Schengen
Il ministro degli Interni Valls rilancia contro i campi illegali. Si moltiplicano gli sgomberi, vari ministri socialisti insorgono

La Francia non vuole Romania e Bulgaria nello spazio Schengen. Lo ha ripetuto il ministro degli Esteri, Laurent Fabius, allineando quindi Parigi alla maggior parte dei ventisei Paesi europei (ventidue dell’Unione più Svizzera, Liechtenstein, Norvegia e Islanda) che fanno parte della zona di libera circolazione. Ma l’uscita di Fabius è importante perché da una settimana la classe politica francese in generale e la maggioranza di governo in particolare litiga sui rom e sulla fermezza del ministro degli Interni, Manuel Valls, contro i campi illegali. 

In effetti, romeni e bulgari possono circolare liberamente nella Ue da quando ne sono diventati membri, nel 2007. Il passaggio delle frontiere richiede solo un semplice controllo d’identità e il soggiorno fino a tre mesi in ogni Paese è libero. In compenso, per restare più a lungo romeni e bulgari devono dimostrare di avere un reddito o un lavoro, il che non è certamente il caso della maggioranza dei rom. Queste restrizioni finiranno con il 2013, insieme al periodo «di prova» europeo di Romania e Bulgaria.

Per aderire a Schengen, tuttavia, ci vuole il parere favorevole e unanime di tutti i Paesi che ne fanno già parte. Il problema è che, con Romania e Bulgaria, la Ue si trova ad avere tre nuove frontiere, due terrestri, con Ucraina e Turchia, e una marittima, sul Mar Nero. E bisogna essere sicuri che Bucarest e Sofia siano effettivamente in grado di controllarle. Finora erano stati Germania e Paesi Bassi a opporsi all’ingresso in Schengen dei due nuovi partner. Adesso si schiera contro anche la Francia: «Alle condizioni» attuali» dice Fabius, l’ingresso è «molto difficile». 

Da politico scafato, Fabius è stato molto attento a non mischiare il dossier romeno e bulgaro con quello dei nomadi. Ma è chiaro che la sua posizione rafforza quella di Valls. Il «primo flic di Francia» ha scelto la linea dura, anzi continua quella dei suoi predecessori sarkozysti. Si moltiplicano gli sgomberi dei campi non autorizzati e le espulsioni manu militari di chi ci vive. Di recente, Valls ha poi infranto un tabù del politically correct dichiarando che i rom non vogliono integrarsi e che il loro stile di vita «è radicalmente diverso» da quello francese. Ne è nata l’ennesima cacofonia governativa: un paio di ministri socialisti hanno attaccato Valls, quella verde Cécile Duflot l’ha accusato di «mettere in pericolo il patto repubblicano», le associazioni antirazziste sono insorte. Valls tira dritto, definisce «insopportabili» le frasi della Duflot (che molti nella maggioranza ritengono insopportabile tout court), incassa il pubblico appoggio di sedici «ténors» socialisti e soprattutto, secondo l’ultimo sondaggio, del 77% dei francesi. Intanto, mentre a Parigi si litiga, Bruxelles ricorda che i rom sono cittadini europei come tutti e minaccia sanzioni. 


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