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Permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo – Revoca - Condizioni
Consiglio di Stato, III, 7 gennaio 2013, n. 19 (riforma Tar Toscana 26 luglio 2012, n. 1368

1. La massima

E’ adottato in espressa violazione di legge il provvedimento di revoca del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo che, nell’ambito di un complessivo (apparente) giudizio di pericolosità sociale dello straniero motivato dal fatto che lo stesso, pur svolgendo una regolare attività lavorativa e, quindi, avendo la disponibilità di un reddito da lavoro, ha, comunque, tratto illecito profitto da attività delittuose – pericolose sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica – che hanno comportato una condanna per reati inerenti gli stupefacenti, valorizzi – di fatto – (unicamente) la condanna  per il reato previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990, omettendo di considerare la situazione familiare dello straniero, la durata del soggiorno in Italia e il suo radicamento sociale e lavorativo [il massimo organo di giustizia amministrativa rimarca come: a) non si faccia alcun riferimento nel provvedimento alla attuale situazione del nucleo familiare, al pregresso ricongiungimento, mentre la durata del soggiorno e il radicamento sociale e lavorativo vengono utilizzate contra legem – e cioè seguendo una ratio esattamente opposta a quella propria della legge – come circostanze a sfavore dello straniero, in quanto considerate aggravanti del comportamento sanzionato con la condanna; b) non menzioni “neppure il fatto che la singola condanna è stata comminata per un reato che, tra i reati concernenti gli stupefacenti, è di minore gravità riguardando la coltivazione e non lo spaccio e che questa fattispecie di reato è l’unica che è considerata tra i reati compresi nell’art. 381 c.p.p. e non nell’art. 380, dovendosi peraltro anche osservare al riguardo che la recente sentenza della corte costituzionale 172/2012 ha dichiarato incostituzionale la equiparazione delle condanne per reati compresi nell’art. 381 c.p.p. a quelli compresi nell’art. 380 dello stesso codice ai fini della procedure di emersione di lavoratori stranieri”]

2. Il fatto

Il Questore dispone la revoca del permesso di soggiorno Ce, per soggiornanti di lungo periodo, negando, altresì, il rilascio di un permesso di soggiorno ad altro titolo, a seguito della condanna per il reato previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990 (detenzione illecita di sostanze stupefacenti, in uno con il complessivo giudizio di pericolosità sociale dello straniero (“il cittadino straniero, pur svolgendo una regolare attività lavorativa e, quindi, avendo la disponibilità di un reddito da lavoro ha, comunque, tratto illecito profitto da attività delittuose – pericolose sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica –che hanno comportato una condanna per reati inerenti gli stupefacenti, denotando così sia un mancato inserimento, in maniera proficua, nel contesto sociale, sia scarso rispetto delle Leggi che regolano il vivere civile; comportamenti che implicano un indice di pericolosità sociale”).

La revoca è impugnata dallo straniero per violazione dell’art. 5, c. 5, del TU Immigrazione in ragione della mancata considerazione della situazione personale/familiare e dell’art. 3 della l. 241/1990, per erroneità della motivazione.

Il giudice di primo grado rigetta il ricorso, osservando:

-in relazione alla revoca del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo, come l’articolata motivazione posta a base dell’atto impugnato evidenzi un giudizio in ordine alla complessiva personalità del ricorrente, che non si esaurisce nella sola sentenza penale, ma che evidenzia il complessivo mancato inserimento sociale dello straniero, sotto il particolare profilo del ricorso ad un grave comportamento riprovato dalla legge e dalla comunità sociale, pur in assenza di ragioni di bisogno (“l’atto impugnato rileva, infatti, lealmente come l’interessato abbia svolto, “parallelamente” alla normale attività lavorativa anche attività delittuosa, per fini di lucro”);

-in relazione al rifiuto del rilascio di un permesso di soggiorno ad altro titolo, come la previsione dell’art. 4, comma 3, del TU Immigrazione“impedisca che possa essere rilasciato un permesso di soggiorno allo straniero che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite”; cosicché  la valutazione di pericolosità sociale è già operata dal legislatore ex ante, escludendo ogni possibilità di ammettere sul territorio nazionale e di rilasciare un permesso di soggiorno agli extracomunitari che abbiano riportato una sentenza di condanna anche non definitiva (o una sentenza ex art. 444 c.p.p.) per uno dei reati previsti dalla norma.

La sentenza di primo grado è impugnata davanti al Consiglio di Stato, che accoglie il ricorso e, riformandola, annulla il provvedimento di revoca, per mancanza e incongruità della motivazione e per violazione di legge.

Secondo il giudice di appello, contrariamente a quanto affermato dal Tar, il provvedimento di revoca “non è adeguatamente motivato” alla luce della disciplina dettata dall’art. 9 del TU Immigrazione e, anzi, risulta adottato in espressa violazione della normativa che impone “di considerare la situazione familiare dello straniero, la durata del soggiorno in Italia e il suo radicamento sociale e lavorativo”. Si rimarca, in particolare, da un lato la mancanza di riferimenti “alla attuale situazione del nucleo familiare, al pregresso ricongiungimento”, dall’altro la valutazione contra legem della durata del soggiorno e del radicamento sociale e lavorativo dello straniero, in quanto utilizzate come circostanze a sfavore dello straniero, considerandole aggravanti del comportamento sanzionato con la condanna. Neppure, infine, il provvedimento impugnato, in primo grado, considera che “la singola condanna è stata comminata per un reato che, tra i reati concernenti gli stupefacenti, è di minore gravità riguardando la coltivazione e non lo spaccio e che questa fattispecie di reato è l’unica che è considerata tra i reati compresi nell’art. 381 c.p.p. e non nell’art. 380, dovendosi peraltro anche osservare al riguardo che la recente sentenza della corte costituzionale n.172/2012 ha dichiarato incostituzionale la equiparazione delle condanne per reati compresi nell’art. 381 c.p.p. a quelli compresi nell’art. 380 dello stesso codice ai fini della procedure di emersione di lavoratori stranieri”.

Vedi:

Consiglio di Stato sez. III 7/1/2013 n. 19
Permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo – Revoca – Condizioni

TAR Toscana sez. II 26/7/2012 n. 1368

 


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