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Decreto Legislativo 16 luglio 2012, n. 109 (Emersione dei lavoratori irregolari 2012)
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Presentazione

Adottata nell’ambito delle strategie dell’Unione di contrasto dell’immigrazione irregolare, la direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 18 giugno 2009, n. 2009/52/CE (di seguito: direttiva) introduce norme minime concernenti sanzioni e  provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi, il cui soggiorno è irregolare.

Inserendo “norme minime”, in quanto adottata ai sensi dell’ (allora vigente) art. 63, par. 3, lett. b), TCE, gli Stati membri vincolati dalla direttiva: a) sono liberi di prevedere o mantenere sanzioni e provvedimenti più severi e d’imporre obblighi più rigorosi ai datori di lavoro [considerando (4)]; b) possono recepire o mantenere disposizioni più favorevoli agli stranieri, in relazione agli articoli 6, Pagamento degli arretrati da parte dei datori di lavoro,e 13, Agevolazione delle denunce, purché compatibili con le norme stabilite dalla direttiva [art. 15].

 Partendo dalla premessa che un fattore fondamentale di richiamo dell’immigrazione illegale è la possibilità di trovare lavoro, pur non avendo lo status giuridico richiesto [considerando (2)] [id est: che la possibilità di trovare lavoro con condizioni economiche migliori rispetto a quelle offerte dal Paese di origine è uno dei motivi che stimolano l’immigrazione nel territorio dell’Unione, anche in condizioni irregolari], la direttiva pone un divieto generale di assunzione dei cittadini di paesi terzi non autorizzati a soggiornare nell’Unione, accompagnato da sanzioni nei confronti dei datori di lavoro che lo violano.

Fondamentali, per le finalità perseguite, risultano:

-l’art. 4, ai sensi del quale gli Stati membri obbligano il datore di lavoro: a) a chiedere che un cittadino di un paese terzo, prima di assumere l’impiego, possieda e presenti al datore di lavoro un permesso di soggiorno valido, o un’altra autorizzazione di soggiorno; b) a tenere, almeno per la durata dell’impiego, una copia o registrazione del permesso di soggiorno o altra autorizzazione di soggiorno a disposizione delle autorità competenti degli Stati membri, a fini di un’eventuale ispezione; c) a informare, entro un termine fissato da ciascuno Stato membro, le autorità competenti designate dagli Stati membri dell’inizio dell’impiego di un cittadino di un paese terzo;

-l’art. 5, per effetto del quale gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i datori di lavoro che violano il divieto di assunzione illegale siano passibili di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive. In particolare, le sanzioni in parola includono: a) sanzioni finanziarie che aumentano a seconda del numero di cittadini di paesi terzi assunti illegalmente; b) pagamento dei costi di rimpatrio dei cittadini di paesi terzi assunti illegalmente, nei casi in cui siano effettuate procedure di rimpatrio, salva la possibilità di prevedere che le sanzioni finanziarie di cui alla lettera a) riflettano almeno i costi medi di rimpatrio; è fatta, inoltre, salva, la possibilità di prevedere sanzioni finanziarie ridotte nei casi in cui il datore di lavoro sia una persona fisica che impiega a fini privati un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare e non sussistano condizioni lavorative di particolare sfruttamento;

-l’art. 6, con il quale è previsto il pagamento, da parte dei datori di lavoro, di ogni retribuzione arretrata, sulla base di un livello di remunerazione pari almeno alla retribuzione prevista dalle leggi applicabili sui salari minimi, dai contratti collettivi o conformemente a una prassi consolidata nei relativi settori occupazionali, salvo prova contraria fornita dal datore di lavoro o dal lavoratore, nonché di un importo pari a tutte le imposte e i contributi previdenziali che il datore di lavoro avrebbe pagato in caso di assunzione legale dello straniero, incluse le penalità di mora e le relative sanzioni amministrative; a tali fini, si presuppone la sussistenza del rapporto di lavoro da almeno tre mesi, salvo prova contraria fornita dal datore di lavoro o dal lavoratore;

-l’art. 9, per effetto del quale, oltre alle sanzioni finanziarie, gli Stati membri devono configurare come reato l’assunzione irregolare – se intenzionale – qualora la violazione: a) prosegua oppure sia reiterata in modo persistente; b) riguardi l’impiego simultaneo di un numero significativo di cittadini stranieri irregolari; c) sia accompagnata da condizioni lavorative di particolare sfruttamento; d) sia commessa da un datore di lavoro che, pur non essendo accusato o condannato per un reato di cui alla direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 5 aprile 2011, n. 2011/36/UE, Prevenzione e repressione della tratta di esseri umani e protezione delle vittime, in sostituzione della decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI, ricorre al lavoro o ai servizi dello straniero irregolare  nella consapevolezza che lo stesso è vittima della tratta di esseri umani; e) riguardi l’assunzione illegale di un minore;

-l’art. 13, rubricato Agevolazione delle denunce, all’interno del quale si prevede che: a) gli Stati membri provvedano affinché siano disponibili meccanismi efficaci per consentire agli stranieri assunti illegalmente di presentare denuncia nei confronti dei loro datori di lavoro, sia direttamente sia attraverso terzi, quali sindacati o altre associazioni; b) in caso di minore o di condizioni di particolare sfruttamento, gli Stati membri definiscano, ai sensi della legislazione nazionale, le condizioni alle quali possono essere concessi, caso per caso, permessi di soggiorno di durata limitata, commisurata a quella dei relativi procedimenti nazionali, con modalità comparabili a quelle applicabili agli stranieri rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/81/CE.

Ben oltre il termine previsto (20 luglio 2011: art. 17 direttiva), è stato emanato il decreto legislativo 16 luglio 2012, n. 109 (di seguito: decreto legislativo),  che recepisce la direttiva.

Il decreto si suddivide in due parti: un primo corpus di norme, costituito dagli articoli da 1 a 4, è – propriamente – dedicato all’attuazione della direttiva, mentre l’art. 5, pur – evidentemente – ancorato al contesto europeo, introduce una procedura di emersione del lavoro irregolare.

Il primo corpus di norme recepisce la direttiva, inserendo le disposizioni attuative nell’impianto normativo vigente in materia di immigrazione, attraverso la modifica del d. lgs. 286/1998, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero,  come ripetutamente modificato dalla normazione successiva (di seguito: TU).

La relazione di accompagnamento del decreto legislativo ricorda che “il divieto introdotto dalla Direttiva 52 è già previsto dalla normativa italiana che – all’articolo 22, comma 12 del testo unico – prevede che l’impiego di stranieri il cui soggiorno è irregolare è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato” e precisa che  “tale disposizione, introdotta con DL 92/2008 convertito, con modificazioni, dalla legge 125/2008, risponde pienamente alle disposizioni di cui agli articoli 1 e 9 della direttiva”; ne consegue che si è inteso “prevedere delle ipotesi aggravanti nei casi in cui l’impiego di cittadini stranieri il cui soggiorno è irregolare sia caratterizzato da particolare sfruttamento”.

Per conseguire lo scopo, il decreto legislativo modifica l’art. 22 (e, di riflesso, l’art. 24) del TU. Di particolare spessore, sul punto, da un lato, l’inserimento della (circostanza) aggravante, in relazione alla fattispecie penale dell’impiego  di manodopera straniera priva del necessario titolo di soggiorno da parte del datore di lavoro, nell’ipotesi in cui i lavoratori stranieri siano minorenni, o in numero superiore a tre, o, ancora, sottoposti a condizioni lavorative di particolare sfruttamento ai sensi dell’art. 603-bis, c. 3, c.p.; dall’altro, la previsione di un meccanismo premiale a favore dello straniero, che denunci il datore di lavoro e cooperi nel procedimento penale, mediante il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, di durata semestrale, rinnovabile per un anno o per il maggior periodo occorrente per la definizione del procedimento penale.

Per la (parte relativa alla) attuazione della direttiva, la novella rinvia a due decreti: a) un decreto del Ministro dell’Interno, per individuare i criteri per la  determinazione  e  l’aggiornamento  del  costo medio  del  rimpatrio  cui  commisurare  la  sanzione  amministrativa accessoria di cui  al  comma  12-ter  dell’articolo  22 del TU, come introdotto  dal decreto legislativo [art. 1, c. 2, decreto legislativo]; b) un decreto interministeriale, “di  natura   non   regolamentare”, che determini  “le modalità e  i  termini  per  garantire  ai  cittadini stranieri  interessati  le  informazioni  di  cui   all’articolo   6, paragrafo 2, della direttiva 2009/52/CE” [art. 1, c. 3, decreto legislativo].

L’art. 5 introduce una (sorta di) regolarizzazione degli stranieri irregolarmente occupati.

La relazione di accompagnamento sottolinea che la norma – non prevista nella stesura originaria –  è stata inserita accogliendo “la condizione formulata dalle Commissioni riunite I e II, sia della Camera che del Senato (sia pure in termini diversi tra loro), volta a prevedere una fase transitoria entro la quale i datori di lavoro interessati possono volontariamente adeguarsi alle norme di legge ed evitare così le sanzioni più gravi, dichiarando entro un termine certo il rapporto di lavoro”.

Sia il datore di lavoro che il lavoratore straniero devono soddisfare alcuni requisiti.

Il datore di lavoro, italiano o straniero con permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo, con un reddito minimo, determinato dal decreto interministeriale, deve occupare irregolarmente alla proprie dipendenze lo straniero da almeno tre mesi alla data di entrata in vigore del decreto legislativo (9 agosto 2012) e fino alla data di presentazione della dichiarazione di emersione, (da rendere) tra il 15 settembre ed il  15 ottobre 2012, con le modalità (che saranno) stabilite con decreto ministeriale – di natura non regolamentare – da adottare entro il 29 agosto 2012.

Ad eccezione del settore (del lavoro) domestico dove sarà possibile regolarizzare anche rapporti di lavoro a tempo ridotto, purché non inferiore alle 20 ore settimanali, possono essere regolarizzati solo i rapporti di lavoro a tempo pieno.

Oltre alla somma dovuta a  titolo retributivo, contributivo e  fiscale  pari  ad  almeno  sei  mesi, fatto salvo l’obbligo di  regolarizzazione  delle  somme  dovute  per l’intero periodo in caso di rapporti di lavoro di durata superiore  (a sei mesi),  il datore di lavoro deve corrispondere, in sede di dichiarazione di emersione, il contributo forfetario di  1.000  euro  per  ciascun  lavoratore.

La procedura di emersione è preclusa ai datori di lavoro condannati negli ultimi cinque anni, anche con sentenza non definitiva e anche a seguito di patteggiamento, per reati connessi all’occupazione illegale di stranieri o allo sfruttamento lavorativo, nonché a coloro che, in passato, hanno avviato procedure di emersione o hanno fatto richiesta di assunzione dall’estero di cittadini stranieri senza successivamente procedere alla sottoscrizione del contratto di soggiorno o alla successiva assunzione del lavoratore straniero (salvo cause di forza maggiore non imputabili al datore di lavoro).

Il lavoratore straniero deve essere presente in Italia, ininterrottamente,  almeno   dal   31   dicembre   2011 e deve comprovare tale  condizione con documenti provenienti da organismi pubblici.

Non può essere regolarizzato il lavoratore straniero: a) destinatario di un provvedimento di espulsione per motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato, prevenzione o terrorismo; b) segnalato per la non ammissione nello spazio Schengen; c) condannato, anche con sentenza non definitiva e anche a seguito di patteggiamento, per uno dei reati di cui all’art. 380 c.p.p.; d) considerato pericoloso per l’ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato o di altro paese dell’area Schengen, con la precisazione che, nella valutazione della pericolosità, si tiene conto di eventuali condanne anche con sentenza non definitiva e anche a seguito di patteggiamento, per uno dei reati di cui all’art. 381 c.p.p.

Dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo e  fino  alla conclusione del procedimento di emersione, sono sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti del datore di lavoro e del  lavoratore  per  le  violazioni  delle  norme relative: a) all’ingresso e al  soggiorno  nel  territorio  nazionale,  con esclusione di quelle di cui all’articolo 12 del TU;  b) allo stesso decreto legislativo e, comunque, all’impiego di lavoratori, anche se rivestano carattere finanziario,  fiscale,  previdenziale  o assistenziale.

Lo   S.U.I.:

-verifica l’ammissibilità della dichiarazione;
-acquisisce  il  parere  della questura  sull’insussistenza  di  motivi  ostativi  all’accesso  alle procedure o al rilascio del permesso di  soggiorno;
-acquisisce il parere della competente direzione territoriale del lavoro  in  ordine alla capacità economica del datore di lavoro e alla congruità delle condizioni di lavoro applicate;
-convoca le parti per la  stipula  del contratto di soggiorno e per la  presentazione  della  richiesta  del permesso di  soggiorno  per  lavoro  subordinato,  previa  esibizione dell’attestazione di avvenuto pagamento del contributo  forfetario  e della regolarizzazione delle somme dovute dal datore  di  lavoro  a  titolo retributivo, contributivo e  fiscale; contestualmente  alla   stipula   del   contratto   di soggiorno, il datore  di  lavoro  deve  effettuare  la  comunicazione obbligatoria di assunzione al Centro per l’Impiego o all’INPS, in caso di rapporto di lavoro domestico

La  mancata  presentazione  delle parti  senza  giustificato  motivo   comporta   l’archiviazione   del procedimento di emersione.

La  sottoscrizione  del contratto   di   soggiorno,   congiuntamente    alla    comunicazione obbligatoria di assunzione  al  Centro per l’impiego o all’INPS e  il  rilascio  del permesso di soggiorno comportano, rispettivamente, per il  datore  di lavoro e per il lavoratore, l’estinzione dei reati e  degli  illeciti amministrativi, precedentemente sospesi.

Rober PANOZZO
(8 agosto 2012)

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