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Organi delle regioni: incandidabilità e sospensione di diritto. L’importanza dell'"appunto"

Il d.P.C.M. 28/3/2013 ha disposto (testualmente: accertata) la sospensione dalla carica di consigliere regionale del former President della regione Molise, in conseguenza di una condanna penale.

Nel provvedimento, si individuano alcuni aspetti che meritano un qualche cenno, non solo per il fatto che si parla che del fatto che la “precedente” carica di Presidente della regione sarebbe stata, per effetto delle sentenze amministrative di annullamento dell’atto di proclamazione degli eletti delle pregresse elezioni regionali, sarebbe stata “assunta solo in vi di fatto”, ma, soprattutto, in quanto vi si va cenno ad una “nota” del Ministro dell’interno, che, a propria volta” rinvia ad un “appunto” dell’Ufficio di Gabinetto dello stesso Ministro dell’interno, ufficio che ha ritenuto che, il ri-eletto consigliere comunale non debba essere sospeso di diritto dalla carica di Presidente della Giunta regionale del Molise (prima) e da consigliere regionale a decorrere dalla data di entrata in vigore (5/1/2013) del D. Lgs. 31/12/2012, n. 235 ma, piuttosto, a decorrere dalla data di proclamazione degli eletti al Consiglio regionale del Molise avvenuta, ad opera dell’Ufficio centrale regionale presso la Corte di appello di Campobasso, il 16/3/2013.

Questa impostazione, sulla decorrenza della sospensione, può collegarsi, in parte, all’effetto delle pronunce amministrative dell’annullamento della proclamazione degli eletti delle precedenti elezioni regionali, ma anche al fatto che la condanna intervenuta poteva costituire motivo di incandidabilità, se non fosse che sia intervenuta sua notizia (formale) dopo il procedimento di ammissione delle candidature (cioè, alcuni giorni prima delle elezioni “recenti”), facendo sorgere la questione di come affrontare una situazione che, se sussistente prima della presentazione delle liste, avrebbe portato al depennamento del nominativo dalle liste, per incandidabilità, risolvendosi il tutto traslando l’applicazione dell’art. 7 D. Lgs. 31/12/2012, n. 235 (incandidabilità) a quella dell’art. 8 (sospensione), facendola decorrere dalla “nuova” proclamazione.

Pur in presenza di un “ragionamento”, non esente da motivazioni, per altro non si può evitare di sottrarsi come la questione affrontata con un “appunto” dell’Ufficio di Gabinetto del Ministro dell’interno appaia avere portata che incide su diritti soggettivi e che, conseguentemente, avrebbe (forse) richiesto, almeno, un parere consultivo della Sez. 1^ del Consiglio di Stato, esponendo con ciò il d.P.C.M. 28/3/2013 ad un quale rimedio giurisdizionale, non potendosi considerare un “appunto” come del tutto idoneo ad incidere su posizioni di diritto soggettivo. Cosa che porta a sollevare altra questione, cioè quella se il provvedimento accertativo della sospensione (cioè della sussistenza di una causa di sospensione), attenga alla giurisdizione, magari esclusiva, amministrativa oppure, in quanto estraneo al procedimento elettorale ed operante una volta questo sia stato concluso, attenga alla giurisdizione ordinaria.

Probabilmente, il ricorso allo strumento dell’”appunto” (sic!) può trovare una qualche ratio proprio per queste motivazioni (e non solo per il fatto che esso è, operativamente, più tempestivo, celere che non la richiesta di parere al Consiglio di Stato. Il che non supera le perplessità che un atto quale il citato d.P.C.M. si sia fondato su di un “appunto”.

 


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