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Anagrafe. Il fatto prevale sulle registrazioni amministrative

Che la residenza sia una res facti è indicazione largamente nota, che, a volte, può produrre criticità, laddove si confondano i concetti “residenza” con quello di “iscrizione APR”, come può avvenire nel linguaggio comune, ed impreciso, di quanti affermino, errando, di avere la residenza in un luogo, ma di abitare in altro. Al medesimo impianto, che non è solo interpretativo, quanto sostanziale, aderisce, e non da ultimo, il T.A.R. per la regione Lombardia, sede di Milano, Sez. 1^, sent. n. 3157 del 20/12/2012, né potrebbe essere diversamente, per cui, in materia di accertamento del possesso del requisito della residenza va affermato il principio secondo il quale la residenza effettiva debba prevalere rispetto a quella risultante in anagrafe (TAR Lombardia, Milano, sez. I, 28.7.2010, n. 3275).
È infatti opinione comune in giurisprudenza che la residenza di una persona è determinata dalla sua abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, ossia dall’elemento obiettivo della permanenza in tale luogo e da quello soggettivo dell’intenzione di abitarvi stabilmente, rilevata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali; pertanto, qualora la residenza anagrafica non corrisponda a quella di fatto, è di questa che bisogna tener conto con riferimento alla residenza effettiva , quale si desume dall’art. 43 c.c., e la prova della sua sussistenza può essere fornita con ogni mezzo, indipendentemente dalle risultanze anagrafiche o in contrasto con esse (Cons. Stato, sez. IV, 2.11.2010, n. 7730).


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