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C.d. de-certificazione: non opera per l'estero, ne in sede giurisdizionale

L’art. 15, 1 L. 12/11/2011, n.  183 è intervenuto, modificando  il T.U. di cui al dPR 28/12/200, n. 445, in funzione di  ridurre il ricorso alle  certificazioni,  dichiarandone la loro utilizzabilità solo nei rapporti tra privati,  in qualche modo per “imporre” alle  P.A. di  adempiere ad obblighi, variamente già sussistenti, spesso da  anni o decenni o cinquantenni, di provvedere all’acquisizione d’ufficio delle “informazioni” (dat) necessari a propri procedimenti amministrativi.
Tale normativa, così innovata, ha fatto sorgere alcune  problematiche, che il Min. P.A. e Semplif., affronta (anzi, in parte, aveva già affrontato ricorrendo a FAQ sul proprio sito web istituzione) anche con la  circolare n. 23  del 23/5/2012, con cui si considera (es.) come le disposizioni dell’art. 40, 01 dPR 28/12/2000, n. 445 non possano trovare applicazione nei riguardi di P.A. non italiane (considerazione del tutto ovvia, dato che una norma  di  un dato Stato non può avere effetti in altro), oltretutto indicando l’apposizione di una ulteriore dicitura, in funzione   di prevenire  un qualche “aggiramento”  delle regole di c.d. de-certificazione.
Altrettanto ovvio (ma suffragato da citazioni della Corte di Cassazione) il secondo aspetto affrontato nella circolare, quello dei certificati che, le norme processuali prevedano, debbano essere depositate nelle cancellerie degli uffici giudiziari, in funzione dell’esercizio dell’attività giurisdizionale.


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