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Servizi pubblici locali a rilevanza economica: la Corte Costituzionale dichiara che non può “riproporsi” quanto il referendum abbia abrogato

Subito dopo il D.L. 13/8/2011, n. 138, convert,. in L. 14/9/2011, n. 148, si era considerato come l’art. 4 avesse, nella sostanza, “riesumata” la norma che era stata abrogata a seguito del referendum popolare del 12 giugno 2011 (Quesito n. 1).
Infatti, l’art. 4 D.L. riproponeva pari pari (anzi, con maggiori restrizioni) la  norma interessata dal quesito referendario n. 1, con la sola specificazione che vi escludeva dal campo di applicazione  il servizio idrico (forse, sul presupposto che, avendo i promotori del referendum popolare incentrata  la propria azione di propaganda sul tema dell’acqua, questa esclusione risultasse soddisfacente.
La norma (ma non solo questa) è stata oggetto di ricorso da parte di più regioni,  ricorsi che sono stati riuniti e decisi con unica sentenza dalla Corte costituzionale che con la sent. n. 199/2012 del 17-20/7/2012, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale  dell’art. 4 D.-L. 13/8/2011, n. 138.
Tra l’altro, nella normativa successiva (i vari D.-L. “Salva Italia”, “Cresci Italia”, “Liberalizzazioni”, ecc. ecc.) sono stati proseguiti interventi nella medesima direzione: si pensi all’art. 25 D.-L.  24/1/2012, n. 1, convert. in L. 24/3/2012.m. 34, con cui era stato modificato proprio l’art. 4 oggi dichiarato viziato da illegittimità costituzionale. Modifiche a loro volta travolte dalla pronuncia.
Tralasciando quelli che possano essere, a questo punto, gli scenari futuri, non si può non constatare come le forme di gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica  siamo sempre di più soggette a fenomeni di forme instabilità, che producono incertezza e non favoriscono, proprio gli EE. LL., titolari dei servizi pubblici locali, nell’adozione di “percorsi”  decisionali.  Anzi ….


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