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Procedere a gradini...; e che significa “teoria dei 3 gradini”?

Una recente sentenza (T.A.R. per la regione Lombardia, sede di Milano, Sez. 1^, sent. n. 801, in materia di procedimento amministrativo e di principio di proporzionalità ha affermato come il rispetto del principio di proporzionalità, pur trattandosi di principio generale di derivazione comunitaria, di per sé direttamente applicabile nell’ordinamento degli Stati membri, è stato formalmente codificato nel tessuto normativo nazionale tramite la modifica dell’art. 1 L. 7/8/1990, n. 241 operata dalla L. 11/2/2005, n. 15. Secondo quella che è la ricostruzione giurisprudenziale più incisiva, la verifica del rispetto del principio di proporzionalità da parte dell’attività amministrativa, inteso come adeguatezza dei mezzi utilizzati rispetto allo scopo perseguito, si deve articolare in una triplice valutazione (c.d. “teoria dei tre gradini”).
Occorre verificare, a tal fine, la necessità della statuizione adottata e successivamente la sua idoneità a raggiungere l’obiettivo finale: ciò deve in ogni caso avvenire tramite la misura più mite in grado di soddisfare l’interesse pubblico da perseguire.
Per altro, forse non tutti conoscono la teoria dei 3 gradini (idoneità, necessarietà, adeguatezza), per la quale l’idoneità comporta una valutazione del rapporto tra il mezzo impiegato ed il fine che si intende perseguire, la necessarietà l’obbligo di scelta per la soluzione che, oggettivamente e nel caso concreto (non potendo essere diversamente), implichi il raggiungimento dell’obiettivo attraverso il minimo sacrificio degli interessi confliggenti, mentre l’adeguatezza costituisce il vincolo quantitativo relativo alla soluzione adottata e opera quale “misuratore” del grado di soddisfazione degli interessi meritevoli di tutela.


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