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Matrimonio tra persone dello stesso sesso: al momento, no, non ancora almeno. (3) Pronuncia della Corte di Cassazione.

Tutti, forse, ricordano la vicenda decisa al tribunale di Latina con in decreto del 31/5-10/6/2005, concernente la richiesta di trascrizione di un matrimonio, contratto in Olanda, da due persone del medesimo sesso.

Vi e’ stata, in materia, la rimessione alla Corte Costituzionale da parte del tribunale di Venezia su cui la Corte Costituzionale si è pronunciata con la sent. n. 138 del 15/4/2010 e con le l’ordin. n. 276 del 22/7/2010, nonché non l’ulteriore ordin. n. 4 del 5/1/2011.

La vicenda affrontata dal tribunale di Latina era stata confermata dalla Corte d’appello di Roma con sentenza del 3/7/2006. Ora è approvata al giudice di legittimità, cosicché la Corte di Cassazione, Sez. 1^ civ,, sent. n. 4184 del 15/3/2012 ha ritenuto, confermando la sussistenza delle condizioni di non trascribilità di un tale matrimonio, come la coppia cosi formatasi non possa essere oggetto di discriminazioni.
Ovviamente, ogni approfondimento va rinviato a quando possa disporsi del testo, integrale, della sentenza, ma si individua una linea costante, anche se nulla preclude a che il legislatore possa intervenire modificando le norme in materia, ipotesi cui potrebbe pervenire
autonomamente, o per indicazioni dell’Unione europea, magari in applicazione dell’art. 85, 3 T.F.U.E. (ex art. 65 TCE). In conclusione, occorre ancora dire: “. al momento”. Per inciso, tra i vari commenti, vi è stato chi ha fatto risalire  leggi che defiscano un qualche concetto di  convivenza di fatto, disciplinandone diritti e doveri,  ad epoche non recenti, richiamando il D. Lgt. 27/10/1918, n. 1726 “Nuove disposizioni sulle pensioni privilegiate di guerra”, riconoscendo la possibilità  del trattamento di pensione di guerra non solo alle  vedove, ma anche alle conviventi: si tratta di un richiamo, forse, improprio, solo che si consideri come, nel 1918, 10-11 anni prima del Concordato, si avessero numerosi casi di matrimoni  canonici in cui, per vari motivi (inclusi quelli di ordine bellico, magari per la brevità  delle licenze dei militari)  erano mancate le celebrazioni civili (e a quel periodo (D. Lgt. 24/6/1916, n. 903, R. D. 11/9/1919, n. 1736)  risale anche l’introduzione dell’istituto del “matrimonio per procura” (oggi, art. 111 CC), inizialmente limitato proprio ai “militari in campagna”). 
Di maggiore interesse, sotto il profilo anti-discriminatorio la deliberazione del CIPE del 13/3/1995 (a cui sostanzialmente si sono adeguate le diverse legislazioni regionali in materia) sui Criteri generali per l’assegnazione degli alloggi e per la determinazione dei canoni, che nell’Allegato, al punto 3. 2 prevedeva: “3.2.

Per nucleo familiare si intende la famiglia costituita dai coniugi e dai figli legittimi, naturali, riconosciuti ed adottivi e dagli affiliati con loro conviventi. Fanno altresì parte del nucleo il convivente more uxorio, gli ascendenti, i discendenti, i collaterali fino al terzo grado, purchè la stabile convivenza con il concorrente duri da almeno due anni prima della data di pubblicazione del bando di concorso e sia dimostrata nelle forme di legge. Possono essere considerati componenti del nucleo familiare anche persone non legate da vincoli di parentela o affinità, qualora la convivenza istituita abbia carattere di stabilità e sia finalizzata alla reciproca assistenza morale e materiale, secondo norme da definire a cura della regione.”, in cui  si considerava anche, nel periodo finale,  una situazione che consente di escludere comportamenti discriminatori, in relazione agli alloggi ERP.


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