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Rettificazione per attribuzione di sesso, oppure cambiamento di prenome?

Che vi sia la L. 14/4/1982, n. 164 è cosa ben nota. Recentemente, le cronache hanno dato spezio al fatto che una persona, originariamente Michele C., è divenuta Martina C. (anzi Michél Martina C.), pur senza interventi chirsrdigici di sorta.
Nella notizia si leggerebbe che i tribunali cambierebbero solo i nomi ridicoli (e, aggiungiamo, vergognosi, informazione che o è stata fraintesa o, prima, deriva da un mal posto ricorso, oppure qualche tribunale non sa che l’art. 158 R.D. 9/7/1939, n. 1238 (che, oltretutto, attribuiva la competenza al Procuratore generale presso la Corte d’appello) è stato abrogato, dal 30/3/2011 (oltre 10 anni addietro!) e che, da tale data, un riferimento va individuato nella procedura, amministratuiva, dell’art. 89 RSC che, ancora oltretutto, considera la fattispecie dei ridicolo, unicamente per i cognome (come, del resto, l’art. 158 D. R. 9/7/1939, n. 1238).
Preferiamo aderire alla tesi del ricorso mal posto se si considera come sia stato ottenuto un provvedimento, un po’ ipocritello (se si vuole) di mero cambiamento di prenome (il “Michele” è divenuto “Michél Martina. La questione del ricorso mal posto, ha un ulteruiore argomento, quello della legge sopra citata, il cui art. 1 esige una sentenza del tribunale (passata in giudicato) che attribuisca ad una persona sesso diverso da quello enunciato nell’atto di nascita a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali, modificazioni che, in relazione all’art. 2, non sono necessariamente “chirurgiche”, ipotesi che entra in gioco solo successivamente (art., 3), nell’eventualità che il tribunale ritenga, nel singolo caso, necessario un adeguamento dei caratteri sessuali, adeguamento che è “autorizzato” con sentenza, mentre, in tal caso, la rettificazione per attribuzione di sesso è disposta una volta accertata la effettuazione del trattamento autorizzzato.
Incidentalmente, si osserva come la rettificazione per attribuzione di sesso non preveda, di per sé stesso, una modificazione del prenome (per renderlo “compatibile” al mutamento intervenuto o accertato sussistente) per cui rimane unicamente il procedimento di cui all’art. 89 e ss. RSC.
Il ché, forse, è quanto avvenuto nella fattispecie, con la conseguenza che questo non è un cambiamento di sesso (o, tecnicamente, una “rettificazione di attribuzione di sesso”), per cui (es.) la persona interessata continuerà a rimenere iscritta nelle liste elettorali …. maschili, così come nelle liste di leva militare e, se del caso, nei ruoli militari (al di l° del prenome).


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