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L’acquisto della cittadinanza da parte dello straniero neo diciottenne nato e cresciuto in Italia
Possibilità per l’interessato di comprovare mediante idonea documentazione la sua presenza sul territorio italiano dalla nascita fino alla maggiore età

L’articolo 33 del decreto legge n. 69/2013 ha eliminato le rigidità legate al concetto di residenza legale e ha dato prevalenza alla situazione di fatto rispetto a quella di diritto, ammettendo la possibilità per l’interessato di comprovare mediante idonea documentazione la sua presenza sul territorio italiano dalla nascita fino alla maggiore età.

Youssef e Andrea sono appena usciti dalla porta della scuola guida. Dopo aver festeggiato il loro compleanno hanno deciso di vivere insieme anche questo emozionante traguardo verso l’età adulta, così come hanno condiviso praticamente tutto: i giochi all’asilo, il primo banco di scuola, le feste fra amici, le uscite in discoteca.
Oggi però Youssef ha dovuto presentare un documento in più rispetto ad Andrea, il permesso di soggiorno, necessario per sostenere gli esami di guida. Non è la prima volta che gli viene richiesto qualcosa di diverso rispetto ai suoi coetanei, è già successo per il tesseramento nella squadra di calcio.
Youssef è nato e cresciuto in Italia, ma la sua carta d’identità indica che è cittadino senegalese: lui che in Senegal ci è stato in vacanza solo una volta quando aveva due anni per conoscere i nonni; lui che parla perfettamente l’italiano e che riesce a scambiare anche qualche battuta in dialetto con gli anziani del circolo; lui che due anni fa festeggiava la vittoria ai campionati europei con gli amici sotto la bandiera tricolore.
Youssef è ormai un uomo e ha capito che ciò che gli manca rispetto ad Andrea è proprio la cittadinanza italiana, che è quel particolare status al quale il nostro sistema giuridico ricollega la pienezza dei diritti civili e politici.
Il nostro ordinamento, anche prima dell’entrata in vigore dell’attuale legge in materia (legge 5 febbraio 1992, n. 91), è sempre stato basato principalmente sulla regola della trasmissione della cittadinanza per discendenza, secondo il criterio dello “ius sanguinis”, per cui è cittadino per nascita il figlio che abbia almeno un genitore italiano. Ciò indipendentemente dal fatto che la nascita sia avvenuta in Italia o all’estero. Il criterio alternativo dello “ius soli” opera solo in determinati casi e solo al fine di evitare il crearsi di situazioni di apolidia [1].
Oggi Youssef ha un’occasione unica per poter colmare quel vuoto. L’articolo 4 della legge n. 91/1992 prevede infatti che lo straniero che è nato e ha risieduto legalmente in Italia senza interruzioni fino alla maggiore età può acquistare la cittadinanza italiana rendendo l’apposita dichiarazione all’ufficiale dello stato civile [2]. La finalità della normativa è proprio quella di garantire l’acquisizione dello status civitatis a coloro che sono cresciuti in Italia e si sentono parte di questo Paese per averne assunto la cultura e lo stile di vita; in questo modo l’elezione della cittadinanza rappresenta il momento conclusivo con cui si formalizza il pieno inserimento dello straniero nella comunità.
C’è qualcosa che però ancora preoccupa il ragazzo: la scorsa settimana sua madre Fatima è tornata dal Comune dicendo di dover mettere insieme la documentazione necessaria a comprovare che lui e la sua famiglia erano presenti sul territorio nei primi 4 anni di vita di Youssef quando la famiglia ancora non era iscritta in anagrafe.
Si tratta di una problematica piuttosto ricorrente in quanto la norma prevede che lo straniero abbia risieduto legalmente sul territorio italiano dalla nascita fino al compimento della maggiore età.
Il concetto di residenza legale come specificato dall’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n. 572 richiede che lo straniero, fin dalla nascita:

Si tratta di presupposti molto rigidi che però devono essere rivisti alla luce delle innovazioni apportate dal decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), il quale all’articolo 33 ha previsto che, ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, al neo maggiorenne non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della pubblica amministrazione, e che lo stesso può dimostrare il possesso dei requisiti con idonea documentazione [3]. A titolo meramente esemplificativo possiamo includere: libretti delle vaccinazioni; certificati di visite ed esami effettuati; attestazioni di frequenza scolastica, ecc.
L’intervento legislativo del 2013 ha quindi eliminato le rigidità legate al concetto di residenza legale, come definita dall’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 572/1993, e ha dato prevalenza alla situazione di fatto rispetto a quella di diritto, ammettendo la possibilità per l’interessato di comprovare mediante idonea documentazione la sua presenza sul territorio italiano dalla nascita fino alla maggiore età [4].
In questo modo l’eventuale presentazione di documenti a comprova della effettiva permanenza in Italia dello straniero è idonea a superare qualsiasi lacuna presente nella residenza legale: a) periodi di mancata iscrizione anagrafica; b) periodi di assenza del titolo di soggiorno.
Youssef non dovrà così subire le conseguenze negative del fatto che fino all’età di quattro anni non è stato registrato come residente: tale situazione semmai è addebitabile ad un’omissione dei suoi genitori e ad una mancata attivazione dei poteri d’ufficio da parte dell’ufficiale d’anagrafe. Per questo il ragazzo potrà comunque ottenere la cittadinanza italiana se riuscirà a dimostrare di aver trascorso la sua prima infanzia nella penisola.
Ricordiamo da ultimo che la Corte di Cassazione, sezione prima civile, nella sentenza del 17 maggio 2017, n. 12380 ha confermato che la prova può essere fornita mediante documentazione proveniente da pubbliche autorità idonea a certificare anche indirettamente ma univocamente la permanenza continuativa in Italia.

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[1] L’articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 prevede al primo comma che “È cittadino per nascita: a) (…omissis…); b) chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono”.
[2] L’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 dispone al secondo comma che “Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data”.
[3] L’articolo 33 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito con modificazioni in legge 9 agosto 2013, n. 98, afferma al primo comma che: “Ai fini di cui all’articolo 4, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, all’interessato non sono imputabili eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della Pubblica Amministrazione, ed egli può dimostrare il possesso dei requisiti con ogni altra idonea documentazione”.
[4] Il principio dettato dall’articolo 33 del decreto legge n. 69/2013 è stato di fatto anticipato dal Ministero dell’interno nella circolare n. 22 del 7 novembre 2007, prot. k.64.2/13 in cui si precisa che “l’iscrizione anagrafica tardiva del minore presso un Comune italiano, potrà considerarsi non pregiudizievole ai fini dell’acquisto della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 4 comma 2 della legge 91/92, ove vi sia una documentazione atta a dimostrare l’effettiva presenza dello stesso nel nostro Paese nel periodo antecedente la regolarizzazione anagrafica (attestati di vaccinazione, certificati medici in generale, etc)” e che “Se in periodi successivi alla nascita si rilevassero brevi interruzioni nella titolarità del permesso di soggiorno, al fine di favorire la possibilità di dimostrare la permanenza continuativa sul territorio italiano, l’interessato potrà inoltre produrre documentazione integrativa quale certificazione scolastica, medica o altro, che attesti la presenza in Italia (…)”.


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