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Dopo “certe” ordinanze dei sindaci, ora anche “la regolarità del soggiorno nel territorio italiano”, ai fini del matrimonio è oggetto di dichiarazione d'illegittimità costituzionale. Ma vi è chi insiste.

Il quotidiano La Repubblica del 29/9/2011 riporta la notizia di un comune il cui sindaco ha adottato un’ordinanza  “ostativa” al matrimonio degli stranieri non regolarmente soggiornanti.
Nelle notizie mediatiche si fa riferimento ad un’asserita “disobbedienza civile”, pretendendo di richiamarsi “ … a una norma di legge chiarissima che prevede la presentazione dei documenti per le coppie che chiedono le pubblicazioni …”.  Lascia perplesso il concetto, evidentemente del tutto personalistico, di “disobbenienza civile”, se se considera come alcune disposizioni  abbiano eccesato di essere efficaci, nel caso la modifica all’art. 116, 1 CC, a seguito della sentenza n. 245 del  25/7/2011 della Corte Costituzionale, oltretutti considerando come il potere di ordinanza dei sindaci sia stato ampiamente ridimensionato ancora una volta  dalla Corte Costituzionale con la sent. n. 115 del   7/4/2011.
Tuttavia, si tratta di un’argomentazione ancora maggiormente debole,  dato che non vi è proprio una norma  (meno ancora “chiarissima” ….; ma, spesso, è chiaro quello che si vuole intendere, non quello che è scritto)  che preveda quali documenti debbano  essere presentati in sede di pubblicazione. O, meglio,  alcune norme che individuano, in situazioni particolari, qualche documento da presentare   sono anche presenti, cioè: a)  l’art. 52 RSC, b) l’art. 6, 2 L. 27/5/1929, n. 847 (per le coppie che si avvalgano di questa forma di matrimonio), c) per gli stranieri, l’art. 116, 1 CC, testo vigente.
Un eventuale riferimento all’art. 6, 2 D. Lgs. 25/7/1998, n. 286, nel testo modificato dalla L. 15/7/2009, n. 94, è del tutto improprio, ma, anche volendo accedere a tenerne conto, questo imposta solo un’esibizione, non costituendo certo un “documento necessario”,  la cui produzione sia stabilita per legge”, esibizione (o mancata esibizione)  che non produce  particolari effetti: Infatti se  si avesse una mancata esibizione,  si potrebbe (forse …) fiore che non sia stato osservato l’art. 6, 2 citato, solo che questa inosservanza non comporta sanzioni, né pregiudica il fatto che l’USC debba comunque ricevere, redigendo processo verbnale, le dichiarazioni  prescritte dall’art. 51, 1 RSC, verbalizzazione la cui forma e contenuto sono del tutto “tipicizzate” nell’utilizzo dei Modelli di cui all’Allegato B) al D. M.  5/4/2002, dai quali  l’USC non  può discostarsi. 
Al più, la macata  esibizione potrebbe indirre chi rivesdta qualificazione di agente od ufficiale di P.S.,  di adottare atti di segnalazione all’autorità procinviale di P.S. (= questura), ma, a questo propostio, l’USC non ha tale qualità.  Forse, la segnalazione potrebbe anche aversi  ad una condizione, quella per cui il sindaco riceva personalmente le dichiarazioni di cui all’art. 51, 1 RSC, nel comento (deciso dagli sposi) in cui questi si presentino, nell’orario dp’ufficio.
Tuttacvia,  anche in questo caso, esercitando il sindaco entrambe le funzioni, dovrebbe quale USC proseguire, normalmente nell’iter previsto, cioè a quanto stabilito dall’art. 51,2 e negli articoli successivi RSC,  potendo effettuare trale segnalazione alla questura  che perverrà al destinatario nei tempi debiti. Il punto non sono le “norme chiarissime” (oppure “non chiarissimae”), quanto gli atteggiamenti preconcetti.
Infine, non si deve dimenticare come il D. Lgs. 25/7/1998, n. 286 debba senz’altro trovare applicazione, tutto, anche  quanto stabilito dal suo art. 44.


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