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Censimenti generali, definito, ora, un contenzioso sul 14° Censimento generale 2001. Interessante sentenza, ancora attuale

In occasione dei Censimenti generali 2001, si era riscontrata, in una certa realtà, una situazione che vedeva “notevoli ritardi e disservizi” portando, alla data in cui le operazioni avrebbero dovuto essere concluse, ad alcuni “scarti” anche numerici, relativi alla popolazione della Provincia interessata (da un lato 515.362 abitanti contro 419.493 con una differenza di – 23.419 abitanti), cui, di seguito, sono stati, a cura (ed oneri) dell’ISTAT, ri-definiti in 491.230 nel d.P.C.M. 2/4/2003, che, come noto, va assunto quale “popolazione legale” della provincia (oltre che di ciascun singolo comune che la componga).
La provincia ha impugnato quale determinazione, in considerazione degli effetti che si producono con la determinazione della popolazione legale, Il T.A.R. aveva, in primo grado, respinto il ricorso: Il Consiglio di Stato, Sez. 4^, sent. n. 4875 del 30/8/2011, ha affrontato la questione sottopostagli in sede di appello (per inciso, nella sentenza di parte di “. intere casse di schede censuarie regolarmente consegnate ai cittadini e da questi regolarmente compilate ma, per impossibilità di completarne lo spoglio e la restituzione all’I.S.T.A.T., rimaste escluse dal computo .. “), non sottovalutando come la Provincia, ricorrente, avesse argomentato anche che il metodo tecnico della rilevazione censuaria sarebbe stata “del tutto obsoleto ed illegittimo”: passi per l’obsolescenza, che per altro si collocherebbe in ambito di valutazioni di merito, ma l’illegittimità (sollevata ex post) sempre proprio essere affermazione priva di fondamento, dato che si giunge ad ipotizzare un censimento “automatizzato”, che poco apporterebbe alla natura dei Censimenti anche sotto il profilo del confronto Censimento-anagrafe: se il censimento avvenisse sulla base (esclusiva) di registrazioni amministrative, verrebbe meno la possibilità di misurare, per quanto possibile, la qualità di tali registrazioni amministrative (non avendo senso che si ipotizzi una “proprietà riflessiva” di esse). 
Anzi, il Consiglio di Stato, è stato decisamente attento nel considerare i rapporti Censimento-Anagrafe, quando considera possiibili situazioni di non coerenza: ” .. Va ribadito che rientra tra gli obiettivi principali dei censimenti della popolazione l’acquisizione delle informazioni per l’aggiornamento e la revisione delle anagrafi comunali della popolazione residente: ossia, il confronto censimento-anagrafe ha proprio il fine di effettuare un controllo attraverso cui individuare e correggere errori che si possono presentare in entrambe le fonti (anagrafica e censuaria), migliorando la qualità dei rispettivi dati e portando in tal modo ad un loro allineamento. 
Può infatti accadere che le anagrafi presentino, durante gli anni intercensuari, alcuni scostamenti tra la popolazione iscritta e quella realmente residente, con conseguente formazione di un disallineamento tra iscritti in anagrafe e popolazione censita, derivante da varie cause, quali ritardi, omissioni ed errori nelle operazioni di iscrizione o cancellazione per trasferimenti di residenza, mancate cancellazioni di deceduti, mancate cancellazioni per omessa dichiarazione dei cittadini stranieri che si trasferiscono all’estero, mancate cancellazioni dall’Archivio della Popolazione Residente (APR) e relative iscrizioni all’Archivio degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) di cittadini italiani che trasferiscono la residenza all’estero, ecc. .. “: sembrerebbe, quasi, che i giudici di Palazzo Spada abbiano “operato in anagrafe”. 
Più di spessore gli assunti attorno all’art. 37 L. 17/5/1999, n. 144 (poiché si prestano a essere valutati in relazione alla più recente previsione dell’art. 50 D.-L. 31/5/2010, n. 78, convert. in L. 30/7/2010, n. 122), Il Consiglio di Stato, respingendo l’appello della Provincia ricorrente, ha ritenuto che questa avesse ipotizzato “. una sorta di vero e proprio “diritto” alla proroga (nei termini per la conclusione delle operazioni censuarie) determinato dall’esclusivo rilievo della veridicità dei dati oggetto del censimento: veridicità che non poteva e non può, tuttavia, pregiudicare l’interesse della collettività alla conclusione del censimento stesso, ossia di un procedimento di rilevazione dei dati che assume valenza nazionale e non solo provinciale, e che non avrebbe potuto quindi ragionevolmente concludersi con una pubblicazione parziale dei dati, e – cioè – con la non menzione della popolazione censita per una o più province.” Il ché, palesemente, contrasta con ogni principio di buon andamento delle amministrazioni, ai vari livelli, coinvolte e farebbe conseguire che gli adempimenti siano rimessi alla discrezionalità, per così dire, del soggetto esecutore. 
La L. 7/8/1990, n. 241, tra l’altro, non prevede che i procedimenti di concludano quando si possa, o si voglia, ma nei termini stabiliti per la loro conclusione. 
E’ interessante rilevare come, il Consiglio di Stato, non si esima dal considerare anche i ritardi nella fasi antecedente, e preparatorie, della rilevazione, cioè i termini per a) l’aggiornamento della toponomastica stradale, b) a definizione delle basi territoriali di rilevazione, c) la costituzione dell’ufficio di censimento e d) la selezione e nomina dei rilevatori e coordinatori.


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