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...differente tendenza a disperdersi dei due sessi.. La forza debole dell'antropologia

A volte, il ricorrere ad altre scienze può giovare a comprendere fenomeni variamente regolati.
Chi abbia letto l’articolo di G. Manzi, pubblicato a pag. 23 di Le Scienze, luglio 2011, può avere forse colto le “radici” di comportamenti come quello del trasferimento della moglie nella casa maritale, ma, dal punto di vista giuridico, la ratio (o l’origine) dell’assunzione del cognome maritale, che lascia una residua traccia, per quanto apparentemente tenue, nell’art. 143.bis CC, oppure lontane motivazioni di quell’inserimento (oltretutto .. eventuale) del figlio naturale nella famiglia legittima considerato dall’art. 252 CC, ed altri istituti giuridici, Spesso, gli istituti giuridici hanno “radici” di cui si è persa la motivazione originaria o, meglio, la sua “memoria”.
Ad esempio, rileggendo F. Engels (L’origine  della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, 1884)  si possono rinvenire  numerosi motivazioni di certi istituti matrimoniali, sulla filiazione naturale, sulle  motivazioni per cui il matrimonio debba celebrarsi ex artt. 106 e 107 CC, e su molti altri aspetti che  all’USC e/o all’U.d.A. possono apparire mere procedure.
Ad esempio,  la questione del cognome “nella” famiglia  è  attualmente esposta a valutazioni formulate  su concetti di parità, che alcuni orientamenti vorrebbero far applicare anche alla sua trasmissione nelle generazioni, secondo logiche che  potrebbero definirsi come “individualiste”, cioè riferite considerando unicamente gli individui come singoli, sul presupposto che il “soggetto sociale” sia, appunto, l’individuo, la persona in quanto tale, isolatamente presa.
Si tratta di logiche che possono essere condivise oppure anche non condivise (ma non è questo il punto centrale), le quali tendono a rimuovere come, piaccia o non piaccia,  vi sia anche un altro “soggetto sociale”, cioè la famiglia, che è un “soggetto sociale” composito, organizzato, composto certamente da persone singole, ma tale da assumere  un ruolo proprio,  distinto dai singoli elementi (persone)   che lo .costituiscono. Si potrebbe fare l’esempio di un poligono, che può essere visto come  un insieme di elementi   che possono essere presi singolarmente (i lati, gli angoli), ma anche prendendoli isolatamente non muta il fatto che il poligono costituisca una realtà altra, complessa ed organizzata, in qualche modo unitaria e comprensiva dei singoli lati ed angoli.
Oppure, fare l’esempio della rete web, specie quella in W.2,    dove vi sono sì  singoli elementi (users),  ma le cui funzionalità  non si spiegano  senza comprendere assieme i singoli users, le loro “macchine”, le connessioni, anche fisiche, il soft-ware, le applicazioni, ecc.: il tutto funziona non per il fatto che vi sia il singolo user, il singolo notebook od iPad, il singolo modem o router, il singolo cavetto USB,  ma  dal loro complesso, dalle “relazioni”, tanto materiali quanto immateriali,  che tra i diversi elementi  si instaurano.  In altre parole, “isolare” un elemento, un componente, un individuo  fa perdere di vista  quello che sia il vero “oggetto”.  
E se la famiglia costituisce un “soggetto sociale”  che ha una sua identità,  anche autonoma rispetto alle persone (prese come individui singoli) che la  compongono, anche la questione del cognome, alias:  “nome di famiglia”,  non può essere  affrontata unicamente in termini “individualistici”, avendo  (ciò vale in primis per la famiglia e, come effetto consequenziale,  per la sua denominazione e, quindi, per le modalità di  trasmissione/comunicazione/dispersione ad  altri individui) il tutto radici  profonde, lontane e  delle quali non sempre si  conserva la memoria. 
Se la si conservasse, diventerebbe logico  intervenire  sui  “motivi”, mutandone le strutture per determinare le sovrastrutture che ne conseguono. Un po’ come avviene negli OGM dove  si interviene su un qualche componente del DNA, su questo o quel gene, per ottenere   una nuova  varietà  di lenticchie (il sig. Esaù le apprezzava). Ma prendendo isolatamente un dato gene,  non si riesce a fare la zuppa che piaceva al sig. Esaù. Per cui occorre considerare sia i singoli elementi, sia il loro complesso, organizzato.  All’O.d.G. del C.d.M. del 22/7/2011, tra gli altri argomenti, era iscritto anche l’esame preliminare  per un (emanando) dPR su modifiche delle disposizioni in materia di stato civile, relativamente alla disciplina del “nome di famiglia” (alias: cognome), proposto dalla Presidenza del C.d.M., Ministro per la P.A. e l’Innovazione, Ministro per la semplificazione normativa, Ministro dell’interno e Ministro della giustizia, concernente, sembra, la semplificazione delle   procedure per il cambiamento del nome o del cognome, con significativi elementi di snellimento e innovazione della procedura. Il provvedimento devolverà  l’intera materia alle Prefetture-UtG, con l’attribuzione al Prefetto anche delle competenze attualmente esercitate dal Ministero, rendendo notevolmente più celeri i procedimenti in esame, con evidenti vantaggi per i cittadini, che possono beneficiare di un interlocutore unico e di un rapporto diretto. Sul provvedimento occorrerà l’acquisizione dei  pareri del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari.
In altre parole, si interviene su  “procedure”, quelle afferenti al Titolo X  RSC e non sulle “regole” che presiedono al cognome, in quanto queste scontano una riserva di legge.


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