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Anagrafe e diritto di accesso: il racconto di una relazione “complicata”
In questo approfondimento tratteremo dell’accesso ai propri dati personali e dell’accesso documentale

“Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia.
Non lo so, ma sento che ciò accade, e ne sono tormentato”

Catullo descrive il suo dissidio interiore per sentimenti profondi ed opposti: l’amore per Lesbia che coesiste con l’odio per i suoi tradimenti. Rimettiamo a posto il Liber e torniamo alla nostra scrivania per descrivere una relazione altrettanto tormentata, ma sicuramente meno poetica, fra l’attività anagrafica e il diritto di accesso.
Quando parliamo di accesso nell’ambito della Pubblica Amministrazione facciamo riferimento ad una pluralità di istituti che sono accomunati dalla finalità di consentire l’esercizio di determinati diritti ma che presentano fra loro sostanziali differenze.
Innanzitutto teniamo bene in evidenza che l’aspetto della certificazione anagrafica non ha nulla a che vedere con la tematica, per quanto articolata, del diritto di accesso. La certificazione costituisce infatti lo strumento preposto a garantire la funzione pubblicitaria dell’anagrafe. L’articolo 33 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223 assicura a chiunque, senza che vi sia la necessità di dimostrare alcun interesse o di motivare la richiesta, la possibilità di ottenere i certificati relativi a tutti coloro che sono iscritti in anagrafe, con il solo limite delle informazioni non certificabili o vietate per legge. Quindi se di una persona conosciamo cognome, nome e data di nascita possiamo recarci in qualsiasi Comune e, dopo esserci identificati, possiamo richiedere tranquillamente dei certificati anagrafici per sapere dove abita, come è composta la sua famiglia, quale è il suo stato civile e così via; il tutto in maniera assolutamente lecita e senza dover rendere alcuna giustificazione.
La certificazione assicura quindi a tutti indistintamente la possibilità di conoscere determinate informazioni, oggetto di registrazione in anagrafe, relativamente ad una certa persona; l’accesso è invece qualcosa di molto diverso, considerato che, a seconda dei casi, viene ridotta drasticamente la platea di coloro che ne hanno diritto. In questo approfondimento tratteremo dell’accesso ai propri dati personali e dell’accesso documentale.

Il diritto di accesso ai propri dati

Il regolamento anagrafico all’articolo 35 comma 5 riconosce il diritto dell’interessato di accedere ai propri dati personali registrati nell’anagrafe nazionale della popolazione residente. Si tratta di una norma introdotta dall’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 17 luglio 2015, n. 126 che ha armonizzato il regolamento del 1989 con la disciplina istitutiva dell’anagrafe unica nazionale.
Tale strumento è unicamente preordinato a far conoscere al cittadino stesso le sue informazioni registrate in ANPR e non può essere utilizzato come alternativa al certificato. Risponde infatti principalmente a due finalità:
a) compilare in modo corretto le autocertificazioni;
b) consentire di richiedere la correzione delle informazioni eventualmente inesatte.
Questa forma di accesso può essere esercitata esclusivamente dall’interessato in relazione ai propri dati registrati in ANPR o, se minorenne, dalle persone che esercitano la responsabilità genitoriale o la tutela. Al di fuori dell’interessato nessun altro soggetto può esercitare tale diritto, nemmeno se facente parte della medesima famiglia anagrafica.
L’istituto in questione, pur trovando la propria fonte nell’articolo 35 del regolamento anagrafico dedicato al contenuto dei certificati anagrafici, non costituisce in realtà una forma di certificazione, ma consiste unicamente nella traduzione in ambito anagrafico del diritto riconosciuto all’interessato dal codice privacy e dal regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) di poter visionare e ottenere copia dei propri dati personali trattati da una pubblica amministrazione.
Le modalità per evadere la richiesta di accesso ai propri dati personali sono le seguenti:
– la riproduzione dei dati mediante stampa su carta (il documento non deve essere firmato dall’ufficiale d’anagrafe e non è soggetto all’imposta di bollo);
– la trasposizione dei dati su supporto informatico;
– la trasmissione dei dati per via telematica;
– la comunicazione in forma orale;
– la visualizzazione mediante strumenti elettronici.
In funzione della richiesta da parte dell’interessato il riscontro può:
– limitarsi a specifici dati personali (accesso parziale);
– riguardare tutti i dati personali oggetto di trattamento (accesso totale).
L’accesso può altresì riguardare la composizione della propria famiglia anagrafica: in questo caso saranno rese note solo le generalità (cognome, nome, luogo e data di nascita) dei componenti escludendo tutte le altre informazioni anagrafiche relative ai medesimi.

Diritto di accesso ai documenti contenuti nelle pratiche anagrafiche

La legge 7 agosto 1990, n. 241 ha dettato una disciplina generale in materia di diritto di accesso ai documenti amministrativi, segnando un chiaro cambio di direzione rispetto all’ordinamento previgente, per cui l’attività amministrativa doveva essere improntata secondo un regime di segretezza.
Il diritto di accesso “documentale” è un istituto pensato per garantire l’interesse particolare dei singoli ad acquisire i documenti amministrativi di cui hanno necessità per tutelare proprie situazioni giuridiche, anche al di fuori dell’ambito amministrativo.
In materia anagrafica questo istituto è solitamente utilizzato per accedere ai documenti relativi ai procedimenti di residenza in corso oppure già conclusi. In entrambi i casi le richieste possono provenire sia dalla persona interessata sia da eventuali cointeressati o controinteressati (ad esempio: genitore del minore coinvolto in un trasferimento di residenza; proprietario dell’immobile, ecc.).
Relativamente ai procedimenti conclusi non sussistono particolari questioni, per cui dovrà unicamente essere valutata in capo al richiedente la sussistenza di un interesse giuridicamente tutelato e collegato al documento richiesto (deve trattarsi di un interesse diretto, concreto ed attuale). Qualora il richiedente sia persona diversa da quella coinvolta nel procedimento di residenza, dovrà essere inviata a quest’ultimo la comunicazione prevista dall’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 184/2006 (cosiddetta “notifica ai controinteressati”). Entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione, il controinteressato può presentare una motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso. Decorso tale termine, l’ufficio anagrafe provvede sulla richiesta.
L’articolo 10 della legge n. 241/1990 garantisce l’accesso come strumento essenziale per la partecipazione degli interessati al procedimento, anche in una fase antecedente alla sua conclusione. La giurisprudenza afferma infatti che l’avvenuta formazione del documento è condizione sufficiente per consentirne l’accesso a chi ha titolo a visionarlo ed estrarne copia, a prescindere dall’essere ancora in corso, o meno, il procedimento amministrativo (Consiglio di Stato, Sez. VII, 19 aprile 2022, n. 2908). Pertanto il diritto di accesso deve potersi esplicare già nel corso del procedimento anagrafico per permettere all’interessato di meglio valutare sia l’opportunità stessa di prender parte all’iter procedimentale sia la strategia più efficace per tutelare le proprie ragioni.
Fra le richieste che più frequentemente devono essere trattate dall’ufficiale d’anagrafe vi sono quelle volte a conoscere l’autore della segnalazione o dell’esposto che ha attivato la verifica anagrafica a carico del richiedente o che ha prodotto l’avvio di una procedura di cancellazione per irreperibilità.
Sull’accesso alle segnalazioni, sebbene non vi sia un orientamento univoco, occorre evidenziare che la giurisprudenza più recente ritiene legittimo il diniego disposto dalla pubblica amministrazione su una richiesta di accesso della copia completa di un esposto finalizzata alla conoscenza dei nominativi degli autori (Consiglio di Stato, sez. III, 1° marzo 2021, n. 1717; Consiglio di Stato, sez. VII, 3 ottobre 2022, n. 8454). Tale soluzione deve ritenersi valida anche in materia anagrafica, in quanto la segnalazione del terzo ha una funzione meramente sollecitatoria di una procedura d’ufficio preordinata alla regolare tenuta dell’anagrafe.

L’accessibilità al dato da parte delle pubbliche amministrazioni

Da ultimo occorre distinguere dall’accesso la condivisione delle informazioni anagrafiche in ambito pubblico, che è destinata per il futuro ad essere completamente garantita con gli strumenti degli accordi di fruizione dei dati di ANPR e soprattutto con la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), ossia l’infrastruttura tecnologica della Presidenza del Consiglio dei Ministri finalizzata a consentire l’interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati delle pubbliche amministrazioni. Il pieno dispiegamento delle potenzialità di questi strumenti semplificherà l’azione dell’intero sistema pubblico garantendo la condivisione sicura dei dati e riducendo i tempi e i costi associati alla loro gestione.


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