STATO CIVILE - La traduzione dell’atto di stato civile formato all’estero (parte 1)

Gli atti di stato civile formati all’estero per poter essere trascritti devono essere accompagnati da una traduzione in lingua italiana secondo le modalità previste dall’art. 22 del d.P.R. n. 396/2000

Approfondimento di W. Damiani

Per poter essere riconosciuto in Italia e conseguentemente essere trascritto nei registri di stato civile, l’atto rilasciato all’estero, oltre alle necessarie formalità relative alla legalizzazione, deve necessariamente essere accompagnato da un traduzione in lingua italiana.
L’obiettivo di questo contributo è quello di esaminare le diverse formalità relative alla traduzione in lingua italiana degli atti di stato civile emessi o rilasciati da un’autorità straniera.
Partiamo dall’analisi normativa, per poi passare ad esaminare le istruzioni ministeriali che consentono di avere un quadro complessivo della questione.
La principale norma di riferimento che disciplina le modalità di traduzione è l’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.

Fermo restando quanto stabilito da convenzioni internazionali, i documenti scritti in lingua straniera devono essere accompagnati da una traduzione in lingua italiana che deve essere certificata conforme al testo straniero dall’autorità diplomatica o consolare ovvero da un traduttore ufficiale o da un interprete che attesti con giuramento davanti all’ufficiale dello stato civile la conformità al testo straniero.

La norma sopra citata del regolamento di stato civile è in linea con la disciplina generale in materia di documentazione amministrativa, l’articolo 33 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 prevede infatti che agli atti e i documenti formati all’estero da autorità estere e da valere nello Stato deve essere allegata una traduzione in lingua italiana certificata conforme al testo straniero dalla competente rappresentanza diplomatica o consolare, ovvero da un traduttore ufficiale.

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