STRANIERI - Accesso a utilità socio-assistenziali e non solo da parte di cittadini stranieri

Approfondimento di R. Nobile

Ci risiamo: dopo la sentenza del Tribunale di Brescia, Sez. Lavoro, 4 febbraio 2016, n. 167 anche l’ordinanza del Tribunale di Milano, Sez. I, 12 dicembre 2018, n. 20954 cade nel medesimo errore. Errore, a ben vedere, non semplice, ma quadruplice.
Quattro errori tutt’altro che marginali, perché direttamente connessi ad asseriti comportamenti discriminatori in cui incapperebbero le pubbliche amministrazioni per altrettanto asserite violazioni dell’art. 2, comma 5 del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286. Qui di séguito, eccone il testo: “allo straniero è riconosciuta parità di trattamento con il cittadino relativamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministrazione e nell’accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge”.
Norma che deve essere letta in combinato disposto con due ulteriori nomoi rilevanti in subiecta materia: l’art. 43, comma 1 della medesima fonte di regolazione e l’art. 2 del d.lgs. 9 luglio 2003, n. 215, quest’ultimo a oggetto “Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica”.
Per la prima disposizione normativa, “ […] costituisce discriminazione ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l’effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica”. Per la seconda, che osserva il fenomeno in termini complementari, “[…] per principio di parità di trattamento si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta a causa della razza o dell’origine etnica”.
Dalla lettura in combinato disposto delle tre disposizioni normative si ricava de plano che il cittadino italiano e il cittadino straniero hanno parità di accesso ai pubblici servizî erogati dalla pubblica amministrazione, talché ogni differenziazione costituisce una differenziazione indebita e contra legem. Come dire, qualunque rilavata difformità di trattamento costituisce concretizzazione non di una mera differenza, ma di una vera e propria discriminazione, direttamente o indirettamente perpetrata, senza che sia rilevante verificare altro. Qui quel che conta è l’effetto rilevato e nulla più.

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