Accesso agli atti: non basta dire che non si trovano

Accesso agli atti: non basta dire che non si trovano

Il Consiglio di Stato, Sez. 6^, sent. n. 892 del 13/2/2013 ha dichiarato illegittimo il provvedimento di diniego di accesso agli atti sulla scorta della mera dichiarazione dell’amministrazione intimata in ordine alla asserita irreperibilità dei documenti cui faceva riferimento la richiesta ostensiva.
Si osserva al riguardo che, pur non potendosi – per evidenti motivi di ragionevolezza – imporre l’ostensione di atti di cui l’amministrazione dimostri (sulla base di circostanze oggettive e circostanziate) di non essere più in possesso (tanto alla luce del principio ad impossibilia nemo tenetur), nondimeno non può essere sufficiente – al fine di dimostrare l’oggettiva impossibilità di consentire il diritto di accesso e quindi di sottrarsi agli obblighi tipicamente incombenti sull’amministrazione in base alla normativa primaria in tema di accesso – la mera e indimostrata afferma zione in ordine all’indisponibilità degli atti quale mera conseguenza del tempo trascorso e delle modifiche organizzative medio tempore succedutesi.
Al riguardo, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare che, alla luce del richiamato principio ad impossibilia nemo tenetur, anche nei procedimenti d’accesso ai documenti amministrativi l’esercizio del relativo diritto o l’ordine d’esibizione impartito dal giudice non può riguardare, per evidenti ragioni di buon senso, che i documenti esistenti e non anche quelli non più esistenti o mai formati, spettando alla p.a. destinataria dell’accesso indicare, sotto la propria responsabilità, quali sono gli atti inesistenti che non è in grado d’esibire (in tal senso: Cons. Stato, sez. VI, 8 gennaio 2002, n. 67).
Resta inteso, peraltro, che laddove l’amministrazione confermasse l’oggettiva impossibilità di reperire gli atti richiesti (nella fattispecie sostanzialmente di natura organizzativa e relativi a rapporti di durata pluriennale), dovrà darne pienamente conto esplicitando in modo dettagliato le ragioni concrete di tale impossibilità. Sul tema del diritto di acceso agli atti, si ha notizia di un soggetto che, avendone titolo, ha richiesto ad una P.A. (comune) il rilascio di copie di atti, indicandone il tipo, il contenuto e quanto altro, ottenendo un riscontro che, brevemente, è riassumibile in alcuni punti:
a) alcuni documenti non sono di pertinenza di questo settore,
b) gli atti, di pertinenza del settore che ha risposto, sono consultabili e, eventualmente, estraibili in copia (la richiesta none era genericamente di accesso, quanto di rilascio di copie) presso questi uffici in dati giorni ed orari,
c) per alcuni atti è stato provveduto allo scarto.
Va considerato che quando la richiesta si rivolta ad un comune, rileva poco rilievo quale sia l’articolazione tra le diverse unità organizzative e, al loro interno, le possibili diverse competenze (è il comune ad essere stato richiesto, non questo o quel settore (e, dulcis in fundo, precedenti contatti con l’altro settore erano stati infruttuosi sull’argomentazione che la competenza era dell’altro settore …, il ché può essere sia una spia di non buoni rapporti interni, ma anche di altro)), dall’altro come oggetto della richiesta di accesso fosse, espressamente, il rilascio di copia ….
Ovviamente, la richiesta di accesso, formale, era stata preceduta da un approccio molto più soft, confidando in un ordinario senso (spirito?) di ordinaria collaborazione e trasparenza, in quanto dati (o atti) privi di elementi degni di tutela, alcuni dei quali, tra l’altro, tali da dover essere oggetto anche di pubblicazione on line sul sito web istituzionale del comune.

Vedi:
Consiglio di Stato sez. VI 13/2/2013 n. 892
Diritto di accesso agli atti amministrativi

 

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