STATO CIVILE - Adempimenti degli uffici della stato civile in materia di separazione personale dei coniugi, cessazione degli effetti civili e scioglimento del matrimonio

Il tema di questo articolo riguarda la competenza al rilascio del certificato previsto all’articolo 39 del Regolamento del Consiglio Europeo n. 2201 del 27.11.2003, in caso di negoziazione assistita con gli avvocati e degli accordi di separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio innanzi all’ufficiale dello stato civile, importanti novità per l’ufficiale di stato civile, introdotte con le misure di degiurisdizionalizzazione, di cui al d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito dalla legge 10.11.2014, n. 162.

Il regolamento soprarichiamato, come noto, è relativo alla competenza, al riconoscimento e alla esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale ed in materia di responsabilità genitoriale, ed ha abrogato il precedente Regolamento CE n. 1347/2000.

L’art. 21 del Regolamento in parola stabilisce che: “Le decisioni pronunciate in uno Stato membro sono riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento…. (omissis)”.

Il successivo articolo 39 prevede che: “L’autorità giurisdizionale o l’autorità competente dello Stato membro d’origine rilascia, su richiesta di qualsiasi parte interessata, un certificato utilizzando il modello standard di cui all’allegato I (decisioni in materia matrimoniale), o all’allegato II (decisioni in materia di responsabilità genitoriale)”.

Il nocciolo della questione riguarda la competenza al rilascio di detto certificato nei casi di cui agli articoli 6 e 12 del d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito dalla legge 10.11.2014, n. 162.

Il Ministero di Giustizia, con propria Circolare del 22 maggio 2018 (relativa a “Misure di degiurisdizionalizzazione in materia di famiglia ed emissione del certificato previsto dall’art. 39 del Regolamento CE n. 2201 del 2003”), indirizzata sia agli uffici giudiziari che al Dipartimento degli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell’Interno, aveva già fornito chiare indicazioni: “Nel caso in cui l’accordo sia stato concluso davanti all’ufficiale di stato civile, non è predicabile una competenza del tribunale per il rilascio del certificato in questione, atteso che l’atto destinato a circolare non è stato formato né davanti né con l’intervento dell’ufficio giudiziario”.

Come ha chiarito il Ministero dell’interno con la circolare 28 novembre 2014, n. 19, “l’ufficiale non appena ricevute le dichiarazioni degli interessati” deve “procedere a redigere, senza indugio, l’atto destinato a «contenere» l’accordo”, la cui efficacia decorre, per l’appunto, dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile (art. 12, comma 4, del decreto-legge in esame). Si tratta, quindi, di atto formato in modo integrale dall’autorità amministrativa. A ciò si aggiunga che, per inferire nella materia in esame la competenza del tribunale,  occorrerebbe in sostanza introdurre un criterio di distribuzione della competenza che non
è al momento previsto dalla legge, attribuendo la competenza all’ufficio giudiziario che sarebbe stato astrattamente competente se la controversia se non fosse stata degiurisdizionalizzata. Pertanto, nel silenzio della legge, l’adempimento in parola non può certo essere richiesto al tribunale e, applicando i principi generali, dovrebbe essere invece richiesto all’autorità pubblica che ha formato l’atto, ossia, nella specie, all’ufficiale di stato civile. In questo senso è il pensiero della quasi unanime dottrina, secondo la quale, in caso di accordo di fronte all’ufficiale di stato civile, è quest’ultimo ad emettere il certificato previsto dall’art. 39 del Regolamento n. 2201 del 2003.

Con riguardo, invece, agli accordi conclusi in sede di negoziazione assistita da avvocati, deve ritenersi che il certificato ex art. 39 cit. debba essere emesso dalla procura della Repubblica che ha autorizzato l’accordo o ha rilasciato il nullaosta, atteso che l’avvocato non è qualificabile come “autorità” ai fini del Regolamento n. 2201 del 2003, nonché in considerazione del fatto che solo il provvedimento conclusivo del pubblico ministero rende l’accordo valido ed efficace, e dunque riconoscibile ed eseguibile all’estero. Da ciò consegue che, ove il pubblico ministero si sia rifiutato di autorizzare l’accordo e l’autorizzazione sia stata adottata dal presidente del tribunale (ex art. 6, comma 2, del decreto-legge), sarà invece l’ufficio giudiziario giudicante a dover rilasciare il certificato in parola.

Questo stesso indirizzo è confermato dal Ministero dell’Interno nella Circolare n. 13/2018, che indica: “In tale contesto, il citato Dicastero ha rappresentato che per l’accordo concluso in sede di negoziazione assistita da avvocati (art. 6 cit.) il certificato in esame va emesso dalla Procura della Repubblica che ha autorizzato l’accordo o ha rilasciato il nulla osta, ovvero – ove il P.M. si sia rifiutato di autorizzare e l’autorizzazione sia stata adottata dal Presidente del Tribunale (art. 6, comma 2, cit.) – dall’ufficio giudiziario giudicante. Quanto
invece all’accordo concluso davanti all’ufficiale della stato civile (art. 12 cit.), il Ministero della Giustizia, facendo riferimento ai chiarimenti già resi da questa Direzione nella citata circolare n. 19/2014, ha confermato che l’atto destinato a circolare non è stato formato nè davanti nè con l’intervento dell’ufficio giudiziario bensì è formato in modo integrale all’autorità amministrativa, cui dunque va riconosciuta la competenza al rilascio del certificate in parola.”.

Si conclude  dicendo che gli ufficiali di stato civile, nel completare il certificato di cui trattasi, debbono indicare il Comune e l’ufficio di appartenenza sia al punto 2 (giudice o autorità che rilascia il certificato), sia al punto 4 (autorità giurisdizionale che ha pronunciato la decisione), precisando che trattasi di autorità amministrativa.

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