Assenteismo, malattie e decurtazione del trattamento economico: non è fondata la questione di legittimità costituzionale

Assenteismo, malattie e decurtazione del trattamento economico: non è fondata la questione di legittimità costituzionale

La Corte Costituzionale, con sent. n. 120 del 10/5/2012, ha dichiarate non fondate le questioni di legittimita’ costituzionale dell’art. 71 D.-L. 25/6/2008, n. 112. (che prevedono, nei primi 10 giorni di malattia, la corresponsione del solo trattamento economico “base”, senza indennità o altri emolumenti).
Non si entra nel merito della argomentazioni adotte dalla Corte Costituzionale, che, pur portando a conclusioni forse non apprezzate dai soggetti che hanno dato adito a sollevare, da parte del tribunale (Giudice del lavoro) che, per inciso, ha formulato, tra le altre, anche una considerazione sui “livelli retributivi” (” ..II lavoratore legittimamente ammalato, dunque, verrebbe a subire una riduzione dello stipendio in busta paga.
Riduzione che, dati i livelli degli stipendi ad oggi percepiti dai lavoratori del comparto pubblico, sarebbe tale da non garantire agli stessi una vita dignitosa, in contrasto con l’art. 36 Cost. ..”: come dire, con quello che prendono, se si toglie anche questo poco .) la questione di legittimità costituzionale, presentano motivi ben poco discutibili, ma la sentenza costituisce lo spunto per esaminare le argomentazioni, contrarie, addotte dalla difesa dello Stato che, tra l’altro, ha sostenuto l’irricevibilità della domanda formulata dai ricorrenti, poiche’ richiedenti la condanna dell’Amministrazione alla corresponsione dell’intero trattamento retributivo anche al lavoratore in malattia, previa la “disapplicazione” della norma sospettata d’incostituzionalita’, considerando come non sia ammesso nel nostro ordinamento alcun sindacato diffuso in ordine alla legittimita’ costituzionale, ma, altresì, ritenendo che il giudice rimettente muova dall’erroneo presupposto che il rapporto di pubblico impiego e il rapporto subordinato nel settore privato siano realta’ giuridiche sovrapponibili, affermando che, secondo un indirizzo consolidato della dottrina e della giurisprudenza, anche costituzionale, «il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni deve configurarsi, nel suo complesso, come speciale rispetto a quello alle dipendenze dell’imprenditore privato» e, in particolare, secondo l’Avvocatura dello Stato, nel «settore pubblico si deve rispondere al principio dell’interesse collettivo all’imparzialita’ e buon andamento della p.a. (art. 97 Cost.), […].
La specialita’ dell’impiego pubblico, che va valutata anche sul piano dei costi finanziari sopportati dalla collettivita’, determina una grande dicotomia tra pubblico e privato che impedisce qualsiasi assimilazione. […]».
Del tutto “estremizzando”, si potrebbe affermare che, costituendo il trattamento economico un costo per la collettività, si potrebbe giungere a disporne la non erogazione.
Inoltre, sulla considerazione per la quale la prevista riduzione del trattamento economico in costanza di malattia potrebbe indurre il lavoratore a continuare a lavorare e, in tal modo, a trascurare le cure, l’Avvocatura dello Stato considera come anche la scelta di non curarsi costituirebbe entro dati limiti una forma di esercizio del diritto alla salute, quale espressione dell’autodeterminazione dell’individuo .., ma.
In ogni caso, in presenza della prognosi contenuta in un’attestazione di malattia, sarebbe inesorabilmente precluso al dipendente il rientro anticipato in servizio, senza che l’Amministrazione possa assentire anzitempo lo svolgimento dell’attivita’ lavorativa. Se, all’interno del gioco delle parti in giudizio, possa anche comprendersi come l’Avvocatura dello Stato possa contrapporsi alle argomentazioni del giudice (del lavoro) remittente, queste argomentazioni sembrano costituire la “spia” di una concezione di un rapporto di lavoro del tutto impropria.

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