CITTADINI STRANIERI - Cancellieri al ‘question time’: esistono controlli ex post contro i matrimoni di comodo per ottenere la cittadinanza

Il ministro dell’Interno è intervenuto anche chiarendo che non c’è obbligo di segnalare un km prima l’autovelox se l’apparecchiatura è mobile ed è presente un organo di polizia stradale
Ci sono norme che consentono, attraverso controlli ex post, di incidere con una certa efficacia sul cosiddetto fenomeno dei matrimoni di comodo per acquisire la cittadinanza italiana, senza tuttavia incorrere nei rilievi espressi dalla Corte Costituzionale. Lo ha chiarito il ministro Cancellieri oggi alla Camera rispondendo ad un’interrogazione durante il question time.

Il ministro dell’Interno ha ricordato che la Consulta aveva dichiarato illegittima la norma che imponeva il possesso di un regolare permesso di soggiorno allo straniero che intendesse sposarsi. I rilievi formulati – ha aggiunto – si rifanno a un preciso orientamento della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo il quale non è consentito introdurre divieti generalizzati e automatici che prescindano da una preventiva indagine riguardo alla genuinità delle intenzioni matrimoniali.

Sulla seconda interrogazione posta oggi al ministro, Cancellieri ha ribadito che se il superamento dei limiti di velocità è accertato tramite un’apparecchiatura mobile, non si applica la norma che impone che via sia almeno la distanza di un chilometro tra il segnale che indica il limite di velocità e l’autovelox.
L’articolo 25 della legge 120/2010, che impone la distanza di almeno un chilometro tra il segnale recante il limite di velocità e l’apparecchiatura di rilevazione da remoto – ha spiegato il ministro – non è applicabile nei casi in cui l’infrazione è accertata tramite apparecchiature mobili, il cui uso è connotato dalla presenza di un organo di polizia stradale.

Atto Camera

Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-02297

presentata da

GIANPAOLO DOZZO
martedì 29 maggio 2012, seduta n.640

DOZZO, BOSSI, LUSSANA, FOGLIATO, MONTAGNOLI, FEDRIGA, FUGATTI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D’AMICO, DAL LAGO, DESIDERATI, DI VIZIA, DUSSIN, FABI, FAVA, FOLLEGOT, FORCOLIN, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, ISIDORI, LANZARIN, MAGGIONI, MARONI, MARTINI, MERONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, POLLEDRI, RAINIERI, REGUZZONI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. –

Al Ministro dell’interno.

– Per sapere – premesso che:
il fenomeno dei «matrimoni di comodo» contratti da stranieri extracomunitari con un cittadino italiano, al solo fine di «regolarizzare» la posizione di clandestinità o di agevolare l’acquisto della cittadinanza italiana, ha avuto una significativa diffusione nel nostro Paese, come risulta anche da ricorrenti notizie di cronaca;

il Governo Berlusconi aveva adottato, su iniziativa del Ministro pro tempore Maroni, una serie di misure, in particolare contenute nella legge n. 94 del 2009, dirette a contrastare questa pratica, elusiva delle norme vigenti in materia di soggiorno degli stranieri;

prima della modifica legislativa, intervenuta con la citata legge n. 94 del 2009, ai sensi della previgente formulazione dell’articolo 116 del codice civile, lo straniero, intenzionato a contrarre matrimonio in Italia, doveva presentare all’ufficiale dello stato civile solo un nulla osta rilasciato dall’autorità competente del proprio Paese;

oltre al predetto requisito formale, sul piano sostanziale il nubendo doveva rispettare le condizioni previste dalla normativa italiana riguardanti la capacità di contrarre matrimonio (tra l’altro, libertà di stato ed età minima) e l’assenza di situazioni personali ostative (ad esempio, impedimenti per parentela ed affinità);

con la citata legge n. 94 del 2009 era stato modificato l’articolo 116, primo comma, del codice civile, sicché la nuova norma stabiliva che «lo straniero che vuole contrarre matrimonio nella Repubblica deve presentare all’ufficiale dello stato civile», oltre al nulla osta, di cui sopra, «un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano»;

la legge n. 94 del 2009, al fine di ridurre il fenomeno dei cosiddetti matrimoni di comodo, aveva, altresì, modificato l’articolo 5 della legge n. 91 del 1992, in materia di acquisto della cittadinanza italiana, prevedendo un ampliamento del periodo di convivenza post matrimonio, necessario per l’acquisto della cittadinanza da parte del coniuge straniero;

in particolare, al comma 1 dell’articolo 5 della citata legge si prevede che «il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero, qualora», al momento dell’adozione del decreto di acquisto della cittadinanza, «non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi»; al successivo comma 2 si stabilisce che i termini sono, peraltro, «ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi»;

per effetto di queste importanti innovazioni legislative si era posto un freno ai matrimoni contratti per finalità estranee a questo istituto e dirette ad aggirare la normativa in materia di immigrazione, dotando, in particolare, i sindaci di uno strumento efficace per non procedere alle pubblicazioni di matrimonio, allorché il nubendo straniero era privo di un titolo di soggiorno;

la Corte costituzionale, con la sentenza n. 245 del 25 luglio 2011, ha, tuttavia, dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 116, primo comma, del codice civile, come modificato dall’articolo 1, comma 15, della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), limitatamente alle parole «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano»;

le ragioni di tale declaratoria di incostituzionalità risiedono nel contrasto della disposizione in esame con il godimento di diritti fondamentali, tra i quali, afferma la Corte costituzionale, «certamente rientra quello di contrarre matrimonio, discendente dagli articoli 2 e 29 della Costituzione, ed espressamente enunciato nell’articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e nell’articolo 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali»;

l’effetto pratico di questa pronuncia è stato quello di privare i sindaci di un’effettiva possibilità di ostacolare la celebrazione di matrimoni di comodo, quando sia nota la condizione di clandestinità del nubendo e sia evidente la finalità strumentale del matrimonio rispetto all’obbiettivo della regolarizzazione;

il sindaco che volesse ostacolare la conclusione di un matrimonio simulato si dovrebbe, perciò, impegnare in accertamenti che non gli competono, dai quali risultava esonerato dalla precedente disposizione che legava la possibilità di contrarre matrimonio ad un requisito oggettivo e documentale, quale l’attestazione della regolarità del soggiorno -:

quali iniziative normative si intendano assumere per pervenire, rispetto alla situazione illustrata in premessa e tenendo conto di quanto enunciato dalla Corte costituzionale, ad un bilanciamento degli interessi che contemperi il rispetto dei diritti fondamentali con il contrasto alla celebrazione dei matrimoni di comodo.
(3-02297)

 

XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell’Assemblea

Seduta n. 641 di mercoledì 30 maggio 2012

 

PRESIDENTE. L’onorevole Rondini ha facoltà di illustrare l’interrogazione Dozzo n. 3-02297, concernente iniziative normative in relazione al fenomeno dei cosiddetti matrimoni di comodo contratti da stranieri extracomunitari (vedi l’allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

MARCO RONDINI. Signor Presidente, il fenomeno dei «matrimoni di comodo» contratti da stranieri extracomunitari con un cittadino italiano, al solo fine di regolarizzare la posizione di clandestinità o di agevolare l’acquisto della cittadinanza italiana, ha avuto una significativa diffusione nel nostro Paese, come risulta anche da ricorrenti notizie di cronaca.
Il Governo Berlusconi aveva adottato, su iniziativa del Ministro pro tempore Maroni, una serie di misure, in particolare contenute nella legge n. 94 del 2009 dirette a contrastare questa pratica elusiva delle norme vigenti in materia di soggiorno degli stranieri.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 245 del 25 luglio 2011 ha dichiarato l’incostituzionalità delle disposizioni assunte in merito.
L’effetto pratico di questa pronuncia è stato quello di privare i sindaci di un’effettiva possibilità di ostacolare la celebrazione di matrimoni di comodo, quando sia nota la condizione di clandestinità del nubendo e sia evidente la finalità strumentale del matrimonio rispetto all’obiettivo della regolarizzazione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARCO RONDINI. Chiediamo quali iniziative normative si intendano assumere.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Rondini. Il Ministro per l’interno, Anna Maria Cancellieri, ha facoltà di rispondere.

ANNA MARIA CANCELLIERI, Ministro dell’interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, con l’interrogazione a risposta immediata all’ordine del giorno gli onorevoli Dozzo ed altri pongono l’attenzione del Governo sul fenomeno dei cosiddetti matrimoni di comodo, contratti da cittadini stranieri ed extracomunitari solo al fine di acquisire la cittadinanza italiana.
Si tratta di un tema che, come gli stessi interroganti ricordano, è stato affrontato in questa legislatura con un mirato intervento normativo volto a rendere più restrittive le condizioni di acquisizione della cittadinanza iure matrimoni.
In particolare, novellando l’articolo 116 del codice civile era stato richiesto che il nubendo straniero, al momento di contrarre il vincolo matrimoniale, producesse un documento attestante regolare soggiorno nel nostro Paese. La sentenza della Corte costituzionale n. 245 del 20 luglio 2011 ha dichiarato, tuttavia, l’illegittimità della predetta disposizione, ritenendo che il requisito della regolarità del soggiorno preteso dal legislatore finisse per introdurre una inammissibile restrizione nel godimento di un diritto fondamentale eccedendo la necessità, che comunque rimane ferma, di verificare che la celebrazione delle nozze non sia volta a dissimulare intenti puramente strumentali.
Da questo punto di vista, appare utile ricordare come la stessa sentenza dei giudici della Consulta indichi nelle disposizioni già presenti nel Testo unico sull’immigrazione strumenti ed istituti idonei a contrastare i cosiddetti matrimoni di comodo. In particolare, la Corte costituzionale fa riferimento agli articoli 29 e 30 del citato testo unico che prevedono la revoca del permesso di soggiorno, quando sia accertato che al matrimonio non è seguita una effettiva convivenza ovvero quando è accertato che il matrimonio ha avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all’interessato di soggiornare nel territorio dello Stato.
Si tratta, infatti, di norme che consentono, attraverso controlli ex post, di incidere con una certa efficacia sul fenomeno denunciato dagli interroganti senza tuttavia incorrere nei rilievi espressi dalla Corte. Peraltro, si tratta di rilievi che si rifanno ad un preciso orientamento della Corte europea dei diritti dell’uomo secondo il quale non è consentito introdurre divieti generalizzati automatici che prescindano da una preventiva indagine riguardo alla genuinità dell’intenzione matrimoniale.

PRESIDENTE. L’onorevole Rondini, cofirmatario dell’interrogazione, ha facoltà di replicare.

MARCO RONDINI. Signor Presidente, noi riteniamo che comunque la decisione della Corte costituzionale faccia a pugni con la logica. Va ricordato che vi è un’inusuale e innaturale differenza di età tra i coniugi, con uomini non proprio giovanissimi che spesso sposano ragazzine extracomunitarie per favorirne poi naturalmente anche la regolarizzazione. Si tratta di una questione che va rilevata semplicemente facendo riferimento ad una questione di natura economica. I matrimoni tra anziani assistiti con giovani o giovanissime badanti sono in aumento superando i 3 mila casi all’anno. Molto spesso questi matrimoni sono di brevissima durata. Alcuni sono addirittura contratti in punto di morte.
Tutto ciò comporta, come inevitabile ricaduta, che troppi matrimoni di comodo alla lunga rischiano di prosciugare ulteriormente le già esauste casse dello Stato. In questo momento, poi, in particolare quando magari si chiedono tanti sacrifici ai nostri cittadini, vale la pena forse anche di intervenire nel merito. L’Associazione Manageritalia ha calcolato che nel 2008 lo Stato ha speso oltre 36 miliardi di euro in pensioni di reversibilità e quasi il 10 per cento è andato a persone che avevano meno di 60 anni e nel 4 per cento dei casi meno di cinquant’anni.
Per fermare anche questo tipo di fenomeno oggi, ottemperando alla disposizione della Corte costituzionale, noi priviamo i sindaci di uno strumento fondamentale per, diciamolo pure, reprimere un fenomeno che va assolutamente contenuto. I controlli, che voi dite che potreste fare a seguito del matrimonio che viene contratto per verificare che ci sia o meno convivenza, lasciano il tempo che trovano.

PRESIDENTE. Onorevole Rondini, la prego di concludere.

MARCO RONDINI. Dovreste spiegarci dove trovate tutto il personale per fare questo tipo di verifiche e a chi affidate il compito di farle (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

 

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