CITTADINI STRANIERI - Concessione della cittadinanza: valutazione discrezionale dell’amministrazione

TAR Lazio, sez. II-quater, 12 maggio 2015, n. 6851

TAR Lazio, sez. II-quater, 12 maggio 2015, n. 6851

1. Concessione della cittadinanza italiana – non costituisce atto dovuto – valutazione discrezionale dell’amministrazione – sussiste.

2. Concessione della cittadinanza italiana – discrezionalità amministrativa – revoca del provvedimento per effetto di una rinnovata valutazione discrezionale – inammissibilità.

3. Domanda di concessione della cittadinanza italiana – provvedimento ministeriale di rigetto – motivazione – informazioni fornite da organismi preposti alla sicurezza dello Stato – legittimità del provvedimento – va dichiarata.

4. Domanda di concessione della cittadinanza – provvedimento ministeriale di rigetto – onere di motivazione – obbligo di indicare tutte le valutazioni interne – non sussiste. 

5. Domanda di concessione della cittadinanza – provvedimento di diniego per ragioni inerenti la sicurezza della Repubblica – motivazione del provvedimento – contenuto – specificazione.

6. Domanda di concessione della cittadinanza – istruttoria – elementi di valutazione – specificazione.

 

1. Per costante orientamento della giurisprudenza amministrativa in tema di concessione della cittadinanza, un tale provvedimento non costituisce atto dovuto in presenza dei presupposti di legge, implicando una valutazione discrezionale dell’amministrazione circa la possibilità che lo straniero sia ammesso a far parte della comunità nazionale (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. III 16 novembre 2011, n. 6046; T.A.R. Lazio, Sez. II-Quater, 19 giugno 2012 n. 5665).

2. La discrezionalità inerente alla concessione della cittadinanza tanto più dev’essere esercitata con la massima cautela, in quanto il relativo provvedimento, una volta emesso, non è suscettibile di revoca per effetto di una rinnovata valutazione discrezionale (cfr di recente Con. Stato, Sez. III, 4 marzo 2015, n. 1084).

3. Non può essere ravvisato alcun vizio nell’operato degli uffici istruttori né da parte del Ministero dell’Interno, laddove, nel respingere l’istanza per il rilascio della cittadinanza italiana, abbia fondato il suo giudizio negativo sulle notizie fornite dai servizi informativi e dunque pervenute dagli organismi preposti alla sicurezza dello Stato, prestando fede alla loro provenienza istituzionale (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 28 novembre 2011 n. 6289).

4. Il provvedimento di diniego non deve necessariamente riportare le notizie che potrebbero in qualche modo compromettere l’attività preventiva o di controllo da parte degli organi a ciò preposti, essendo sufficiente l’indicazione delle ragioni del diniego senza dover indicare tutte le valutazioni interne che hanno condotto al giudizio sfavorevole dell’amministrazione (Cons. Stato, Sez. VI, 3 ottobre 2007 n. 5103 e 19 luglio 2005 n. 3841).

5. Nei casi in cui il diniego di cittadinanza è fondato su ragioni inerenti la sicurezza della Repubblica, il provvedimento di diniego è sufficientemente motivato, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, quando consente di comprendere l’iter logico seguito dall’amministrazione nell’adozione dell’atto, non essendo necessario che vengano espressamente indicate tutte le fonti ed i fatti accertati sulla base dei quali è stato reso il parere negativo (T.A.R. Lazio, Sez. II Quater, n. 2453 del 2014).

6. La specificazione che la valutazione operata dagli uffici nel corso dell’istruttoria, che segue alla richiesta di rilascio della cittadinanza, si estende non solo alla capacità dello straniero di ottimale inserimento nella comunità nazionale nei profili dell’apporto lavorativo e dell’integrazione economica e sociale, ma anche in ordine all’assenza di vulnus per le condizioni di sicurezza dello Stato. Tale concetto di sicurezza della Repubblica, inoltre, non è legato ad elementi ostativi quali condanne o precedenti penali o anche solo giudiziari a carico del richiedente, ma può riguardare anche solo specifiche frequentazioni dello straniero e l’appartenenza a movimenti che, per posizioni estremistiche, possano incidere sulle condizioni di ordine e di sicurezza pubblica (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 3 ottobre 2007 n. 5103; nonché T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 30 ottobre 2012 n. 1749) o sulla condivisione dei valori che possano mettere in pericolo la comunità nazionale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *