PERSONALE - La progressione verticale verso la dirigenza sarà una lunga sanatoria dei dirigenti a contratto

L’articolo 3, comma 3, del d.l. 80/2021 apre nettamente percorsi di carriera per i dipendenti pubblici, rendendo possibile la progressione verticale dalla qualifica di funzionario a quella dirigenziale

Approfondimento di L. Oliveri

L’articolo 3, comma 3, del d.l. 80/2021, nel rispetto delle indicazioni programmatiche enunciate nel marzo 2021 dal Ministro della funzione pubblica, apre nettamente percorsi di carriera per i dipendenti pubblici, rendendo possibile la progressione verticale dalla qualifica di funzionario a quella dirigenziale.
È bene ricordare che fin qui tale progressione non era possibile: l’accesso alla dirigenza era assicurato esclusivamente da procedure di concorso pubblico, che, oggettivamente, costituivano ed un tempo un criterio selettivo molto accentuato, ma anche ostacolo alle prospettive di carriera, per l’asimmetria organizzativa.
La carriera, infatti, nelle pubbliche amministrazioni non è lineare: l’accesso alla dirigenza non è comunque disponibile in tutti gli enti, perché non tutti prevedono qualifiche dirigenziali. Pertanto, molto spesso l’accesso alla dirigenza implica anche scelte “logistiche” ed il passaggio ad amministrazioni diverse, e non necessariamente quindi un salto di carriera nell’ente di appartenenza.
Tuttavia, nei fatti gli enti hanno utilizzato in via di prassi (ed in modo certamente più che criticabile) strumenti per aggirare gli ostacoli al percorso di carriera ed introdurre comunque una vera e propria progressione verticale, sia pure non in grado di assicurare con continuità l’accesso alla dirigenza.
Si tratta dell’uso distorto delle previsioni contenute nell’articolo 110 del d.lgs. 267/2000 e dell’articolo 19, comma 6, del d.lgs. 165/2001 e, cioè, degli incarichi dirigenziali a contratto.
La combinazione tra le due norme, per alto obbligatoria e necessaria, come da sempre indica la giurisprudenza e come dal 2009 impone il comma 6-ter, dell’articolo 19 del d.lgs. 165/2001, impone di attribuire gli incarichi a contratto in presenza di alcune condizioni oggettive e di requisiti soggettivi molto specifici.
Sul piano soggettivo, gli enti debbono dimostrare che l’incarico è finalizzato a coprire fabbisogni di particolare, dunque non comune, qualificazione professionale, a condizione che tali qualificazioni non siano rinvenibili negli organici, fornendo a proposito adeguata dimostrazione e motivazione.

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