Presupposti per l’accoglimento della domanda di concessione della cittadinanza italiana

Presupposti per l’accoglimento della domanda di concessione della cittadinanza italiana

TAR Lazio Roma sez. I ter 29/11/2014 n. 12004

1. Domanda di concessione della cittadinanza italiana – ipotesi contemplate dall’art. 9 della legge n. 91/92 – rigetto dell’istanza oltre il termine di due anni – legittimità – va dichiarata.

2. Domanda di concessione della cittadinanza italiana – presupposti per l’accoglimento – autosufficienza economica – criterio di valutazione – individuazione.

1. La norma dell’art. 8, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91 che recita: “L’emanazione del decreto di rigetto dell’istanza è preclusa quando dalla data di presentazione dell’istanza stessa, corredata dalla prescritta documentazione, sia decorso il termine di due anni”, si applica, in virtù del richiamo operato dal comma 1 agli artt. 6 e 7 della legge, solo alla richiesta formulata dal coniuge di un cittadino italiano prevista dall’art. 5 e non alle ipotesi di cui all’art. 9 della legge medesima; ne deriva che in quest’ultimo caso è possibile rigettare la domanda di cittadinanza anche oltre il predetto termine di due anni (T.A.R. Lazio, sez. II-quater, 22 luglio 2013, n. 7454).

2, Presupposto imprescindibile per fruire del provvedimento attributivo della cittadinanza italiana in base alla normativa di settore è indubbiamente quello di avere redditi sufficienti al sostentamento proprio e della propria famiglia (T.A.R. Lazio, sez. I-ter, 20 gennaio 2014 n. 714), L’acquisizione di tale nuovo importante status, infatti, si deve tradurre non già solo in un beneficio per l’interessato, ma anche nella possibilità materiale, per il nuovo cittadino, di adempiere i doveri di solidarietà sociale (e in primis il dovere di contribuire alle spese pubbliche, mediante l’imposizione tributaria), nella misura minima determinata dal legislatore. Quindi, tra i criteri di valutazione per la concessione della cittadinanza italiana deve necessariamente includersi quello della congruità dei redditi dell’aspirante che deve essere tale da garantirne in ogni caso l’autosufficienza economica. Tale valutazione, nel silenzio della legge, deve essere effettuata avendo come parametro di riferimento l’ammontare prescritto per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria dall’art. 3 del D.L. n. 382 del 25 novembre 1989 convertito in L. 25 gennaio 1990, n. 8, confermato dall’art. 2 comma 15 della L. n. 549 del 28 dicembre 1995 (fissato in Euro 8.263,31 anno incrementato a 11.362,05 in presenza di coniuge a carico, e ulteriori 516,00 per ciascun figlio a carico) in quanto indicatore di un livello di adeguatezza reddituale che consente al richiedente di mantenere adeguatamente e continuativamente sé e la famiglia senza gravare (in negativo) sulla comunità nazionale. Ciò costituisce un requisito minimo indefettibile e consente, in assenza di particolari benemerenze, che possano compensare l’insufficienza del reddito dichiarato, che l’insufficienza reddituale costituisca causa idonea “ex se” a giustificare il diniego di cittadinanza anche nei confronti di un soggetto che risulti sotto ogni altro profilo bene integrato nella collettività, con una regolare situazione di vita familiare e di lavoro: situazione la cui persistenza, comunque, è assicurata dalla carta di soggiorno (cfr., tra le tante, T.A.R. Lazio Roma sez. II-quater,  26 febbraio 2013, n. 2098; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 18 febbraio 2013, n. 168).

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